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162<br />

G IULIO M ERICI<br />

suddiviso. Nel caso che la linea si estingua è previsto che il suo patrimonio<br />

passi agli altri rami derivanti da Pietro, quondam Giacomo, e, in ultima<br />

possibilità, ai discendenti di Giovanni, fratello di Pietro. Questo documento,<br />

a parziale attenuazione di quanto è stato detto in precedenza,<br />

porta a pensare ad una politica patrimoniale che preservasse i beni non<br />

solo per il proprio ma anche per gli altri rami della famiglia.<br />

Non si fa cenno in questo testamento ai discendenti di un possibile fratello<br />

di Matteo, Marco, che è citato in uno solo degli alberi genealogici 69 .<br />

In questa ricostruzione araldica del XVII secolo è presente questo ipotetico<br />

fratello, con una breve discendenza, data dal figlio Pompeo e dal nipote<br />

Giulio Cesare. Altri riscontri riguardanti la reale esistenza di queste figure<br />

non sono però rintracciabili in altre carte o nelle altre fonti da me utilizzate,<br />

non credo sia avventato, dunque, avanzare forti dubbi sulla reale<br />

esistenza di questa linea, anche se resta problematico spiegare l’esistenza<br />

di questi nomi in una fonte dell’archivio familiare. Un campo di indagine<br />

che ritengo percorribile, per fare nuova luce su questa figura storica, è<br />

quello inerente alla sua attività di committente e protettore delle arti, ricordata<br />

dal Pasero. Campo d’indagine decisamente vastissimo e che, per<br />

ora mi limiterò a trattare nelle sue manifestazioni già studiate.<br />

Tracce della sua attività mecenatizia si trovano nell’ edizione del Thesaurus<br />

Ciceronianus di Veronica Gambara 70 , sul cui frontespizio è presente<br />

lo stemma degli Avogadro, affiancato a quello gambaresco (si ripete<br />

dunque questo bizzarro accostamento). Questa nuova vicinanza è<br />

dovuta al finanziamento per la stampa dell’opera di cui si fecero carico<br />

Gian Francesco Gambara, in casa del quale fu stampata la raccolta, e<br />

Matteo Avogadro. Il primo dei due non è da individuarsi nel padre di<br />

Veronica, deceduto nel 1511, ma nel cugino, figlio di Maffeo e, dunque,<br />

fratello della moglie di Matteo, il cui coinvolgimento nel finanziamento<br />

dell’opera può essere dovuto proprio a questo legame familiare.<br />

L’anno successivo alla morte di Matteo (1547), i figli Camillo e Pompeo<br />

commissionarono al pittore bresciano Girolamo Romanino 71 una pala<br />

69 A.S.C., Fondo Avogadro-Fenaroli, busta 1, fogli 22 e 23.<br />

70 Veronica Gambara e la poesia del suo tempo nell’Italia settentrionale, Atti del convegno<br />

(Brescia-Correggio, 17-19 ottobre 1985), a cura di C. Bozzetti, P. Gibellini, E. Sandal, Firenze<br />

1989.<br />

71 Mostra di Girolamo Romanino. Catalogo, a cura di G. Panazza, Brescia 1965, pp. 130-137.

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