Nei borghi antichi la storia è vita - Lazionauta
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struire il paese ex novo invia sul posto un giovane valente ingegnere di<br />
successo, Angelo Alvarez de Castro, trent’anni, molto attivo nel<strong>la</strong> provincia,<br />
che in breve tempo sviluppa un piano urbanistico moderno e<br />
funzionale: una piazza al centro sul<strong>la</strong> quale si affacciano <strong>la</strong> chiesa, <strong>la</strong> casa<br />
comunale, <strong>la</strong> gendarmeria pontificia e dal<strong>la</strong> quale si dipartono, seguendo<br />
cardo e decumano, strade parallele e intersecanti lungo le quali si<br />
dipanano le case del<strong>la</strong> nuova città. Tante belle cose, ma <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />
rifiuta di abbandonare quel che resta di Camerata. Soltanto in pochi<br />
accettano l’ipotesi del<strong>la</strong> città nuova. Inizia un braccio di ferro tra le autorità<br />
vaticane e i cameratani riottosi che dura altri due anni, al termine dei<br />
quali, nel 1863, iniziano i <strong>la</strong>vori di costruzione di Camerata Nuova che<br />
s’inaugura il 20 settembre del 1868. Due anni precisi prima del<strong>la</strong> ‘Breccia<br />
di Porta Pia’ e quasi dieci dal devastante incendio.<br />
Tracciato il piano e costruiti i primi edifici pubblici, chiesa, caserma e<br />
comune, cominciano a nascere anche le prime case sui lotti scelti da chi<br />
accetta <strong>la</strong> nuova città. Considerando che <strong>la</strong> costruzione degli edifici pubblici<br />
ha impegnato <strong>la</strong> maggior parte dei fondi previsti, ai privati che<br />
devono costruirsi <strong>la</strong> casa in proprio, rimangono le briciole. Scarni contributi<br />
che costringono a fare di necessità virtù. Il giovane ingegner<br />
Alvarez de Castro -coadiuvato dai capimastri chiamati a realizzare il progetto<br />
e appoggiato da quanti hanno scelto <strong>la</strong> città nuova- per risparmiare<br />
sui costi e al tempo stesso conservare pezzi di <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> città vecchia,<br />
prevede l’utilizzo di pietre <strong>la</strong>vorate, principalmente portali, davanzali<br />
e cornici di finestre delle case bruciate, da murare nelle nuove case.<br />
La bril<strong>la</strong>nte decisione, anticipatrice del moderno ‘riuso’, rega<strong>la</strong> agli abitanti<br />
di allora l’emozione di portarsi nel<strong>la</strong> nuova casa le parti nobili di<br />
quel<strong>la</strong> vecchia e a quelli di oggi, l’orgoglio di aver comunque ereditato e<br />
preservato una parte di <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> Camerata che fu. Capita così, girando<br />
per Camerata Nuova, di imbattersi in splendidi portali bugnati che si<br />
aprono su modeste abitazioni, in garbatissime finestre cinquecentesche<br />
sul<strong>la</strong> facciata di un pa<strong>la</strong>zzo che denuncia passate ricchezze e fa gli onori<br />
di casa all’entrata del paese, oppure in solidi portali medievali dagli archi<br />
a tutto sesto, chiare allusioni del<strong>la</strong> presenza di una poderosa masseria<br />
oggi dec<strong>la</strong>ssata a stal<strong>la</strong>. Pezzi di <strong>storia</strong>, granitici ricordi che da soli bastano<br />
a farci capire quanto fosse bel<strong>la</strong> <strong>la</strong> ‘vecchia’ Camerata e a stringerci<br />
solidali con chi, dopo l’incendio, puntava i piedi per restare <strong>la</strong>ssù, tra <strong>la</strong><br />
<strong>storia</strong>, a quota 1220 metri sul livello del mare.<br />
In effetti, per molti anni dopo <strong>la</strong> nascita di Camerata Nuova, molta<br />
gente continua ad abitare nelle case riattate al<strong>la</strong> meglio nel<strong>la</strong> Camerata