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Nei borghi antichi la storia è vita - Lazionauta

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La <strong>storia</strong><br />

Il 3 marzo del 2000, anno tragicamente Giubi<strong>la</strong>re per Rocca<br />

Canterano, alle 11,35 <strong>la</strong> terra si <strong>è</strong> mossa. Un violento terremoto di<br />

magnitudo 4.1 corrispondente al sesto grado del<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> Mercalli, ha<br />

spostato pietre che da secoli erano lì, solide e ferme, a marcare <strong>la</strong> <strong>storia</strong><br />

di questo paesino abbarbicato sul cucuzzolo del<strong>la</strong> montagna sfidando le<br />

leggi che rego<strong>la</strong>no <strong>la</strong> gravità dei corpi. Il sisma si <strong>è</strong> posato, come una<br />

mano pesante e distratta, sulle case e sul<strong>la</strong> <strong>storia</strong>. La parrocchiale di<br />

Santa Maria Assunta, una Cappel<strong>la</strong> Sistina del<strong>la</strong> povera gente, si <strong>è</strong> scossa,<br />

ha ondeggiato pericolosamente ma <strong>è</strong> restata in piedi. Le ferite, ormai<br />

decennali, sono ancora lì, sotto gli occhi di tutti a testimoniare <strong>la</strong> paura<br />

di quei giorni. Riportate parzialmente in <strong>vita</strong> con tecniche d’affettuosa<br />

rianimazione, le pitture del<strong>la</strong> chiesa sembrano percorse da una ragna di<br />

crepe che si spande dal soffitto alle pareti e scende lungo i pi<strong>la</strong>stri e le<br />

trabeazioni completamente i<strong>storia</strong>ti. Il terremoto ha <strong>la</strong>vorato a<strong>la</strong>cremente<br />

segnando le pitture con ruvide crepe che ricordano le rughe sui volti<br />

dei vetusti montanari, segnati dalle ingiurie del tempo.<br />

Lungo i vicoli del centro storico (ma a Rocca Canterano <strong>è</strong> tutto centro<br />

storico), altri segni di quel terremoto: in piazza del Forno, a pochi passi<br />

dal Municipio, un arco puntel<strong>la</strong>to con un intreccio di pali aspetta ancora<br />

l’adeguato restauro e <strong>la</strong> definitiva messa in sicurezza. Altrove, lungo<br />

le scale che costel<strong>la</strong>no questo paese (poco meno di quelle di Cervara di<br />

Roma), l’opera del ‘privato’ sta facendo il miracolo che il ‘pubblico’ non<br />

<strong>è</strong> ancora riuscito a fare: Rocca Canterano <strong>è</strong> un continuo cantiere a cielo<br />

aperto, ovunque ti giri c’<strong>è</strong> un muratore che sistema un muro, restaura un<br />

portone, sistema una finestra. Dopo dieci anni il paese, con le sue forze,<br />

restaura <strong>la</strong> sua <strong>storia</strong>. Per i dipinti del<strong>la</strong> chiesa sarà più lunga. Una<br />

Cappel<strong>la</strong> <strong>è</strong> stata restaurata, per il resto mancano i fondi, ci vorrà tempo.<br />

Rocca Canterano non dispera.<br />

Il detto <strong>la</strong>tino ‘nomen omen’ calza come un guanto a Rocca Canterano.<br />

Se nel nome <strong>è</strong> segnato il destino di chi lo porta, quello di Rocca<br />

Canterano sembra proprio il più indicato. Già i romani, nel II secolo<br />

dopo Cristo, intuita <strong>la</strong> potenzialità del posto, costruiscono una ‘Rocca’<br />

sotto i resti dell’attuale San Michele. Poi, aggiungono al paesaggio ville<br />

sparse, case di villeggiatura per nobili famiglie, che qui decidono di venire<br />

a vivere e magari a morire. Come accade ai liberti Caius Vetilius Nico<br />

e sua moglie, Vetilia Flora, nel CL dopo Cristo, ricordati nell’iscrizione<br />

del monumento sepolcrale murato, in verticale, all’angolo del<strong>la</strong> chiesa di<br />

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