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Nei borghi antichi la storia è vita - Lazionauta

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La <strong>storia</strong><br />

Quattordici tornanti per arrivare <strong>la</strong>ssù, sul<strong>la</strong> cima del costone roccioso,<br />

alle falde del monte Volpinara dove Gorga svetta e control<strong>la</strong> <strong>la</strong><br />

valle sottostante. A fare gli onori di casa, a Gorga, c’<strong>è</strong> una pastorel<strong>la</strong>,<br />

anche lei, come il paese, inerpicata <strong>la</strong>ssù, in cima ad un ammasso di<br />

rocce da dove, da centoventi anni o giù di lì, assiste bonaria e sorridente<br />

al dipanarsi del<strong>la</strong> <strong>vita</strong> quotidiana di questo piccolo borgo, avamposto<br />

del<strong>la</strong> provincia di Roma al confine con <strong>la</strong> Ciociaria. Più che un monumento,<br />

quello del<strong>la</strong> pastorel<strong>la</strong> <strong>è</strong> una felice metafora, un’allusione all’aria<br />

pura e sottile, al<strong>la</strong> semplicità francescana del<strong>la</strong> <strong>vita</strong>, al<strong>la</strong> morigeratezza<br />

dei costumi, che qui sembra aver resistito all’urto delle veline e alle tante<br />

miserie che le circondano. La bril<strong>la</strong>nte idea di far accogliere l’ospite da<br />

una pastorel<strong>la</strong> <strong>è</strong> un biglietto da visita che vi dice subito con chi avete a<br />

che fare.<br />

La cartina di tornasole <strong>è</strong> lì, a pochi metri dal<strong>la</strong> pastorel<strong>la</strong>, sul<strong>la</strong> piazza;<br />

dentro e fuori del bar si muove lo spaccato che farebbe <strong>la</strong> felicità di un<br />

rilevatore dell’Istat. In pochi metri quadrati <strong>è</strong> racchiusa una qualificata<br />

rappresentanza di gorgani (così si chiamano gli abitanti di Gorga): <strong>la</strong><br />

madre con il bambino in braccio, il papà che fa co<strong>la</strong>zione con il figlioletto<br />

pronto per <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, due muratori, due tecnici dell’Enel, un professionista<br />

in giacca e cravatta, pronto a partire verso <strong>la</strong> capitale, una<br />

guardia municipale, un’impiegata (poi scopriremo del Comune) e una<br />

coppia di paciosi pensionati -probabilmente marito e moglie- che, seduti<br />

al primo sole, garantiscono <strong>la</strong> completezza dell’unità statistica. A<br />

Gorga si vive bene, il paese <strong>è</strong> tranquillo, i figli crescono bene, gli anziani<br />

sono rispettati e assistiti, gli operai si dibattono qui come altrove tra<br />

non pochi problemi, <strong>la</strong> disoccupazione giovanile preoccupa, l’ordine <strong>è</strong><br />

garantito, <strong>la</strong> solidarietà del ‘privato’ (leggi gente) mette riparo ai limiti del<br />

‘pubblico’ (leggi Stato), e <strong>la</strong> <strong>vita</strong> va avanti meglio che altrove. Il tutto si<br />

desume dai discorsi dei gorgani davanti al ‘cornetto e cappuccino’, servito<br />

da un barista-psicologo che rende superfluo il ricorso al<strong>la</strong> terapia di<br />

gruppo.<br />

Gorga <strong>è</strong> un bel paese, un presepe medievale costruito con seco<strong>la</strong>re perizia<br />

artigianale, dove una mano, estranea e sgarbata, ha posato nel bel<br />

mezzo una scato<strong>la</strong> da scarpe color grigio cemento. Quello che doveva<br />

essere il salotto buono del paese, l’argenteria di famiglia, il Pa<strong>la</strong>zzo<br />

Baronale dei Doria Pamphilj, in più sede del<strong>la</strong> massima rappresentanza<br />

locale, il Municipio, <strong>è</strong> diventato un corpo estraneo all’edificato che lo<br />

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