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Nei borghi antichi la storia è vita - Lazionauta

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220<br />

Veggio il novo Pi<strong>la</strong>to sì crudele<br />

che ciò nol sazia; ma senza decreto<br />

porta nel Tempio le cupide vele.<br />

I 300 uomini (ma c’<strong>è</strong> chi par<strong>la</strong> di 1600), italiani e francesi che catturano<br />

il papa, provenienti da Roma, guidati dal principe Giacomo Colonna<br />

Sciarra e dal francese Nogaret, prima di arrivare ad Anagni, vengono<br />

arringati da Giordano Conti in piedi su una pietra, <strong>la</strong> ‘pietra rea’, posta<br />

all’ingresso di Sgurgo<strong>la</strong> dove i due gruppi si incontrano e si fondono. I<br />

Caetani, al<strong>la</strong> cui famiglia appartiene il papa oltraggiato, nel<strong>la</strong> notte del<br />

1313 assaltano Monte<strong>la</strong>nico facendo strage di inermi cittadini compresi<br />

vecchi donne e bambini.<br />

Gli anni a seguire, per Monte<strong>la</strong>nico, non sono meno tormentati di quelli<br />

che li hanno preceduti. Nel 1384 il feudo passa per intero a Margherita<br />

di Ceccano che lo <strong>la</strong>scia al suo erede Raimondello il quale, poco avveduto,<br />

appoggia l’antipapa Clemente VII e perde il feudo che gli viene<br />

confiscato dal papa ‘ufficiale’, Bonifacio IX. Nel 1428, per asse ereditario<br />

Monte<strong>la</strong>nico passa ai Conti di Segni insieme a Collemezzo, Pruni e<br />

Montelongo. Quest’ultimo passaggio di mano non <strong>è</strong> esente da tensioni<br />

e lotte fratricide tra vari feudatari che vantano diritti di successione.<br />

Scontri armati, assalti e saccheggi si protraggono per lungo tempo e a<br />

farne le spese, come spesso accade, <strong>è</strong> il popolo minuto. Con il tempo si<br />

appianano i contrasti e, nel 1640, Carlo, discendente dei Conti di Segni,<br />

assil<strong>la</strong>to dai creditori e non potendo far fronte al pagamento dei suoi<br />

numerosi debiti, vende Monte<strong>la</strong>nico, Montelongo, Pruni e Collemezzo,<br />

ovvero l’intero feudo, ai principi Barberini il cui più alto rappresentante<br />

in quell’anno <strong>è</strong> papa Urbano VIII, Maffeo Barberini. Nel 1651, dopo<br />

soltanto undici anni, i Barberini cedono il feudo ai Pamphilj per <strong>la</strong> non<br />

trascurabile cifra di 687.297 scudi. Saranno i Pamphilj a varare nel 1722<br />

gli Statuti di Monte<strong>la</strong>nico. L’ultimo atto feudale di Monte<strong>la</strong>nico si consuma<br />

nel 1780 quando i Pamphilj si estinguono e passano, per asse ereditario,<br />

Monte<strong>la</strong>nico e le sue terre ai principi Aldobrandini Facchinetti,<br />

Signori di Carpineto e ultimi signori di Monte<strong>la</strong>nico. Poi, nell’ordine,<br />

arriva Napoleone, torna il papa, i bersaglieri di Lamarmora entrano in<br />

Porta Pia, cade lo Stato del<strong>la</strong> Chiesa e l’unità d’Italia saluta <strong>la</strong> nascita del<br />

Comune di Monte<strong>la</strong>nico.<br />

Primo sindaco di Monte<strong>la</strong>nico <strong>è</strong> un prete patriota, Don Francesco<br />

Raimondi, mazziniano del<strong>la</strong> prima ora il quale, come risulta dai resoconti<br />

di polizia ‘…impugnò le armi e molto si distinse nelle vicende del<strong>la</strong> Repubblica<br />

Romana del 1849’. L’11 ottobre del 1852 <strong>la</strong> guardia papalina lo arresta e

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