Nei borghi antichi la storia è vita - Lazionauta
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Veggio il novo Pi<strong>la</strong>to sì crudele<br />
che ciò nol sazia; ma senza decreto<br />
porta nel Tempio le cupide vele.<br />
I 300 uomini (ma c’<strong>è</strong> chi par<strong>la</strong> di 1600), italiani e francesi che catturano<br />
il papa, provenienti da Roma, guidati dal principe Giacomo Colonna<br />
Sciarra e dal francese Nogaret, prima di arrivare ad Anagni, vengono<br />
arringati da Giordano Conti in piedi su una pietra, <strong>la</strong> ‘pietra rea’, posta<br />
all’ingresso di Sgurgo<strong>la</strong> dove i due gruppi si incontrano e si fondono. I<br />
Caetani, al<strong>la</strong> cui famiglia appartiene il papa oltraggiato, nel<strong>la</strong> notte del<br />
1313 assaltano Monte<strong>la</strong>nico facendo strage di inermi cittadini compresi<br />
vecchi donne e bambini.<br />
Gli anni a seguire, per Monte<strong>la</strong>nico, non sono meno tormentati di quelli<br />
che li hanno preceduti. Nel 1384 il feudo passa per intero a Margherita<br />
di Ceccano che lo <strong>la</strong>scia al suo erede Raimondello il quale, poco avveduto,<br />
appoggia l’antipapa Clemente VII e perde il feudo che gli viene<br />
confiscato dal papa ‘ufficiale’, Bonifacio IX. Nel 1428, per asse ereditario<br />
Monte<strong>la</strong>nico passa ai Conti di Segni insieme a Collemezzo, Pruni e<br />
Montelongo. Quest’ultimo passaggio di mano non <strong>è</strong> esente da tensioni<br />
e lotte fratricide tra vari feudatari che vantano diritti di successione.<br />
Scontri armati, assalti e saccheggi si protraggono per lungo tempo e a<br />
farne le spese, come spesso accade, <strong>è</strong> il popolo minuto. Con il tempo si<br />
appianano i contrasti e, nel 1640, Carlo, discendente dei Conti di Segni,<br />
assil<strong>la</strong>to dai creditori e non potendo far fronte al pagamento dei suoi<br />
numerosi debiti, vende Monte<strong>la</strong>nico, Montelongo, Pruni e Collemezzo,<br />
ovvero l’intero feudo, ai principi Barberini il cui più alto rappresentante<br />
in quell’anno <strong>è</strong> papa Urbano VIII, Maffeo Barberini. Nel 1651, dopo<br />
soltanto undici anni, i Barberini cedono il feudo ai Pamphilj per <strong>la</strong> non<br />
trascurabile cifra di 687.297 scudi. Saranno i Pamphilj a varare nel 1722<br />
gli Statuti di Monte<strong>la</strong>nico. L’ultimo atto feudale di Monte<strong>la</strong>nico si consuma<br />
nel 1780 quando i Pamphilj si estinguono e passano, per asse ereditario,<br />
Monte<strong>la</strong>nico e le sue terre ai principi Aldobrandini Facchinetti,<br />
Signori di Carpineto e ultimi signori di Monte<strong>la</strong>nico. Poi, nell’ordine,<br />
arriva Napoleone, torna il papa, i bersaglieri di Lamarmora entrano in<br />
Porta Pia, cade lo Stato del<strong>la</strong> Chiesa e l’unità d’Italia saluta <strong>la</strong> nascita del<br />
Comune di Monte<strong>la</strong>nico.<br />
Primo sindaco di Monte<strong>la</strong>nico <strong>è</strong> un prete patriota, Don Francesco<br />
Raimondi, mazziniano del<strong>la</strong> prima ora il quale, come risulta dai resoconti<br />
di polizia ‘…impugnò le armi e molto si distinse nelle vicende del<strong>la</strong> Repubblica<br />
Romana del 1849’. L’11 ottobre del 1852 <strong>la</strong> guardia papalina lo arresta e