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Nei borghi antichi la storia è vita - Lazionauta

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La <strong>storia</strong><br />

Avete presente Sagliena, il ‘paese più scassato d’Italia’, come negli anni<br />

’50 lo definisce il sindaco-fotoreporter di allora, Adolfo Porry-<br />

Pastorel per convincere Vittorio De Sica a scegliere quell’improbabile<br />

paese come location per girare ‘Pane amore e fantasia’? Sagliena, quel<br />

paese ‘scassato’ che nel<strong>la</strong> realtà <strong>è</strong> Castel San Pietro Romano, non c’<strong>è</strong> più.<br />

Al suo posto <strong>è</strong> fiorito un paesino da sogno carico di <strong>storia</strong> e di cultura.<br />

A Castel San Pietro Romano, ogni pietra <strong>è</strong> al suo posto e ogni posto ha<br />

<strong>la</strong> sua specifica pietra, a partire dal Castello dei Principi Colonna che,<br />

seppure abbondantemente corroso da secoli di lotte, assalti, guerre e<br />

catastrofici decadimenti, <strong>è</strong> così ben restaurato da sembrare integro e,<br />

soprattutto, in piena simbiosi con il paese che lo circonda. Proprio come<br />

l’imponente maniero del<strong>la</strong> vicina Rocca di Cave. Evidentemente, da<br />

queste parti con i castelli ci sanno fare.<br />

Il successo di ‘Pane amore e fantasia’, fa conoscere a molti registi sia il<br />

paese che il naturale talento cinematografico dei paesani i quali, chiamati<br />

a trasportare sullo schermo <strong>la</strong> loro <strong>vita</strong> di tutti i giorni, ignari di simbologie<br />

isteriche, ignorano <strong>la</strong> presenza del<strong>la</strong> macchina da presa e recitano<br />

da perfetti professionisti. Così, considerando che <strong>la</strong> ‘location’ <strong>è</strong> ideale<br />

e costa poco, il casting <strong>è</strong> lì, servito su un piatto d’argento, dopo De<br />

Sica e <strong>la</strong> Lollobrigida per tutta <strong>la</strong> serie di ‘Pane amore e…’, arrivano Ugo<br />

Tognazzi e Georges Wilson per ‘Il Federale’ di Luciano Salce, ancora<br />

Tognazzi con Giovanna Ralli per ‘Liolà’, di Alessandro B<strong>la</strong>setti, poi<br />

Totò e ancora Vittorio De Sica per ‘I due marescialli’ di Sergio Corbucci,<br />

quindi Peppino De Filippo con Lorel<strong>la</strong> De Luca e Giovanna Ralli, in<br />

‘Tuppe tuppe marescià’ di Carlo Ludovico Bragaglia, e per finir<strong>la</strong> qui<br />

(ma ce ne sarebbero molti altri), Tina Pica, Sylva Koscina, Peppino De<br />

Filippo, Paolo Stoppa e Dolores Palumbo per ‘Nonna Sabel<strong>la</strong>’, regia di<br />

Dino Risi. Scusate se <strong>è</strong> poco.<br />

Il meritorio <strong>la</strong>voro di recupero portato avanti dalle amministrazioni che<br />

si sono succedute da quei lontani anni ’50, quando l’asinello ‘Barò’ portava<br />

a spasso <strong>la</strong> ‘Bersagliera’ tra casette semidistrutte e strade sterrate<br />

(ma non erano quelle del centro abitato, selciato dagli anni ’20, bensì<br />

delle contrade vicine), sarebbe stato inutile senza <strong>la</strong> quotidiana col<strong>la</strong>borazione<br />

dei ‘castel<strong>la</strong>ni’, (così si chiamano gli abitanti di Castel San Pietro<br />

Romano), che ancora oggi curano con invidiabile maniacale attenzione<br />

ogni angolo del paese. Casa per casa, pietra per pietra. Così il paese ‘più<br />

scassato d’Italia’ <strong>è</strong> diventato un modello da seguire.<br />

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