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Nei borghi antichi la storia è vita - Lazionauta

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Istat i centri storici di ogni dimensione, da Roma a Cervara di Roma. Di<br />

essi circa 900 sono i più importanti, quasi sempre di una bellezza,<br />

nonostante tutto, da stordire, circa 6.850 quelli minori (non per <strong>la</strong> loro<br />

attrattiva spesso formidabile, da Ariccia a Pienza, da Sabbioneta a<br />

Martina Franca) e ben 15.000 i nuclei abitati che sono frazioni, vil<strong>la</strong>ggi,<br />

borghetti, nuclei iso<strong>la</strong>ti, ecc. La maggior parte di tali insediamenti abitativi<br />

si trova nell’Italia del Nord (circa il 62 per cento) poiché soprattutto<br />

Lombardia e Piemonte registrano, dal Medio Evo, moltissimi<br />

Comuni e quindi una autentica “polverizzazione” degli insediamenti residenziali.<br />

Non solo: sono pure due regioni prealpine e alpine dove i<br />

micro-Comuni risultano nettamente prevalenti. Il più piccolo Comune<br />

d’Italia, Morterone con appena 33 abitanti, si trova a più di 1000 metri<br />

di altitudine in provincia di Lecco. Tuttavia anche in pianura vi sono<br />

Comuni di poche decine di abitanti, per esempio Maccastorna in<br />

provincia di Lodi: 69, di cui 14 immigrati. Un grande capitale, sino a ieri<br />

integro, costituito dal “palinsesto” che legava il paesaggio, per lo più<br />

agrario e agro-silvo-pastorale, e gli abitati <strong>antichi</strong>, grandi, medi, piccoli e<br />

minimi. Di essi almeno un migliaio di straordinaria bellezza. Una rete<br />

preziosa di centri che risalgono agli Etruschi, ai Greci e ai Romani (ben<br />

2.684 Comuni hanno questa origine, mentre altri 4.164 risultano fondati<br />

fra l’800 dopo Cristo e il 1300)<br />

Eppure in Italia il dibattito sul<strong>la</strong> conservazione, sul<strong>la</strong> tute<strong>la</strong> attiva di<br />

questo tesoro diffuso appare ora flebile e arretrato. E invece, proprio nel<br />

Bel Paese o in quanto resta di esso, non possiamo e non dobbiamo assolutamente<br />

rassegnarci a tanta rovina, frutto del<strong>la</strong> più incolta specu<strong>la</strong>zione,<br />

di una finta modernità, in realtà tutta affaristica, ma, qualche<br />

volta, frutto anche di pura imbecillità, comunque di una visione dissipatrice<br />

di quel patrimonio di tutti rappresentato dall’ambiente e dal<strong>la</strong><br />

<strong>storia</strong>. Una nuova barbarie.<br />

Purtroppo questo capitale lo abbiamo in parte dissipato nel ‘900 e continuiamo<br />

ad impoverirlo. Nonostante che <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione italiana cresca<br />

ormai poco e soltanto per immigrazione. Nonostante che lo stock di<br />

abitazioni sia enormemente aumentato (oltre 130 milioni di vani), sia<br />

pure nel modo più squilibrato. Nonostante che gli alloggi vuoti o precariamente<br />

utilizzati siano centinaia e centinaia di migliaia, soltanto a<br />

Roma 185.000 (e non si tratta unicamente di seconde o terze case). Una<br />

duplice dissipazione. Da una parte, constatiamo di continuo che le città<br />

edificate fino agli anni 20-30 del Novecento sono sempre meno abitate<br />

in modo stabile, con numerosi vuoti o con utilizzazioni saltuarie, maga-

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