Nel cerchio del Saggio

Il credente deve amare i credenti
- In quel periodo l’insegnamento del Corano, così come lo s’insegna
oggi ai bambini, era sicuramente una cosa piuttosto difficile, data
l’opposizione delle autorità. Quale soluzione fu adottata, in quelle circostanze,
per farvelo apprendere?
- Da bambino avevo il mio maestro, che veniva a casa per
darmi lezioni di Corano, ma non era un vero maestro; solo con il
tempo m’accorsi che neanche lui ne sapeva molto. Quando leggevo,
egli faceva sempre cenno di sì con la testa; per lui, andava
sempre tutto bene. Ad esempio, quale fosse in arabo il segno
vocalico della «i», della «u», o della «a», non lo sapeva né lui, né
questo povero servo di Allah; a questa conclusione arrivai solo
più tardi, quando approfondii l’argomento. Quante volte abbiamo
recitato il Corano per intero; al termine, correvamo subito a
prendere un regalo per il maestro. Quando andammo da Elmalı
Hamdı Efendi egli volle ascoltarci, poi disse: «Figlio mio, tu non
sai leggere». Stringendo i denti, in dieci - quindici giorni riuscii a
correggere i miei errori, con il suo aiuto ed il permesso di Allah.
Insomma, a quel tempo i maestri erano più o meno tutti di quel
genere.
Mio padre non aveva tempo per dedicarsi a noi, perché era
sempre molto occupato. Il suo obiettivo era guadagnare qualche
soldo in più per aiutare la Comunità; essere di sostegno per
chiunque fosse ingiustamente perseguitato. Come, ad esempio,
Elmalı Hamdi Efendi, rimasto senza lavoro, stipendio né denaro;
o Mustafa Asım Efendi, anch’egli persona di gran valore. Quando
veniva a conoscenza di casi di questo genere, versava a ciascuno
uno stipendio mensile di 100 lire, di allora. Una somma
simile, a quei tempi, comportava un gran benessere economico.
Per quanto riguardava la propria persona, invece, non prendeva
neanche il taxi. In casa, il desinare era sobrio. Il venerdì veniva
sacrificata una pecora, per offrire un buon pasto ad eventuali
ospiti; e doveva bastare per tutta la famiglia fino alla settimana
seguente, ossa comprese.
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