Nel cerchio del Saggio

Capitolo V.
Descrizioni dell’arif
Da Ibrahim Hakkı Erzurûmî (q.s.):
«Dal momento che il rapporto fra l’arif e il suo Signore è buono,
lo è anche quello fra lui e la gente comune. Votato anima e
corpo ad Allah, l’arif Gli ha donato tutto il suo essere e, fra sé
e Lui, ha tolto di mezzo il proprio io. In questo modo egli ha
conseguito i gradi dell’Identificazione suprema, e trovato la pace
dell’anima. Nel cuore del saggio non c’è più posto per i desideri
di questo mondo, poiché in esso è discesa la luce della Conoscenza.
La sua lingua è occupata con la menzione (dhikr) di Allah,
il cuore è pieno di amore per Lui, il suo segreto (sır) è aperto a
Lui, senza limiti. Il cuore dell’arif non dorme, non ha propensione
per le cose di questo mondo. Egli, infatti, ha preso gusto alla
conversazione intima con l’Amato, è colmo delle pene d’amore
ed è divenuto cosciente che il suo cuore è costantemente sotto lo
sguardo di Allah. Dopo aver raggiunto i gradi dell’elevazione,
sbarazzandosi di ciò che è diverso da Allah; dopo aver aspirato
il profumo della Prossimità, dopo essere entrato a far parte
dell’Assemblea dell’Intimità (uns) e della Presenza (huzur), come
può il cuore trascurare Allah e conservare una qualche propensione
per il mondo?»
L’asceta cammina, l’arif vola. Il sapiente mette in pratica meno
di quel che afferma; il saggio, al contrario, parla poco e agisce
molto. Quando parla, l’arif parla solo della Conoscenza; anzi per
lui, la parola migliore è il silenzio. Avvicinandosi ad Allah, il saggio
s’allontana dalla gente comune. L’arif chiede solo ad Allah, a
nessun altro esporrebbe le sue necessità. Il saggio è amato dalla
gente, perché s’è reso umile di fronte a Dio.
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