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Per un codice della cucina lombarda Introduzione

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AGNELLO ALLA VALSASSINESE<br />

Si tratta di <strong>un</strong>a delle formulazioni più antiche e più semplici per la cottura <strong>della</strong> carne degli<br />

ovini, diffusa con minime varianti in quasi tutta l’Italia, ma anche nella penisola Iberica, nei<br />

Balcani e nel vicino Oriente. Agnello all’aretina nella tradizione toscana, a scottadito in quella<br />

romana, alla brace in quella delle regioni del Meridione: cambia il nome, ma si tratta sempre<br />

dello stesso archetipo alimentare.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />

Difficoltà: Minima<br />

Tempo di marinatura 10 ore<br />

Tempo di esecuzione: 40 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura alla piastra<br />

Utensili:<br />

Tagliere, trinciante, sco<strong>della</strong>, pietra da camino<br />

(o barbecue)<br />

Ingredienti:<br />

AGNELLO ( 1,2 kg), OLIO DI OLIVA (20 g),<br />

AGLIO (2 spicchi), ROSMARINO (<strong>un</strong> rametto),<br />

TIMO (alc<strong>un</strong>i brindilli), SALE E PEPE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliare la carne a pezzetti e metterla a marinare<br />

in <strong>un</strong>a sco<strong>della</strong> con l’olio, il rosmarino<br />

tritato, il sale e il pepe.<br />

• Scaldare la pietra, quando sia ben calda disporvi<br />

sopra la carne, rigirandola spesso per<br />

circa 40 minuti, bagnandola quando si asciuga<br />

troppo con l’intingolo <strong>della</strong> marinata.<br />

• Servire caldissima.<br />

Note: cuocere alla pietra<br />

La pietra per cuocere sulla fiamma viva, è propriamente<br />

<strong>un</strong>a lastra di pietra ollare (composta<br />

di talco, clorite e mica), chiamata com<strong>un</strong>emente<br />

nel dialetto piöda (lastra, app<strong>un</strong>to, come quelle<br />

che si sfaldano sui fianchi delle montagne).<br />

L’uso <strong>della</strong> pietra era abbastanza com<strong>un</strong>e nelle<br />

valli e nelle case di montagna, prima <strong>della</strong> diffusione<br />

dei moderni barbecue e delle bistecchiere.<br />

Rispetto a questi attrezzi, la pietra garantisce,<br />

oltre alla facilità di pulitura e di conservazione,<br />

alc<strong>un</strong>i benefici di non poco conto. Evita il contatto<br />

diretto dei cibi con il fuoco (e quindi la carbonizzazione<br />

di parti più o meno estese degli stessi),<br />

e garantisce la distribuzione diffusa del calore,<br />

permettendo <strong>un</strong>a cottura omogenea. Non fa<br />

colare grassi sul fuoco, risparmiando così agli<br />

alimenti l’esposizione ai residui <strong>della</strong> combustione<br />

delle particelle lipidiche. Il discreto potere<br />

assorbente delle pietra, inoltre, fa sì che gli alimenti,<br />

soprattutto le carni, siano sempre in<br />

contatto con la quantità di grassi necessaria alla<br />

cottura.<br />

Varianti:<br />

Le stesse modalità di preparazione e di cottura<br />

si applicano anche alle carni di capretto. E’ diffusa<br />

la cottura con mix aromatici diversificati, in<br />

cui possono rientrare, oltre al rosmarino, la salvia,<br />

il timo, la maggiorana e il prezzemolo.<br />

Abbinamenti:<br />

La carne degli ovini dà a tal<strong>un</strong>i qualche problema<br />

di digeribilità; è perciò consigliabile servirla<br />

con insalatina di stagione all’interno di <strong>un</strong> pasto<br />

improntato alla leggerezza (<strong>un</strong> risottino senza<br />

eccessi lipidici e <strong>un</strong> dessert di frutta).<br />

L’abbinamento adatto sarà con vini caldi, asciutti,<br />

corposi, come <strong>un</strong> Valtellina Grumello non<br />

troppo invecchiato.<br />

L’ingrediente: agnello e capretto<br />

A partire dal X-XI secolo, l’allevamento bovino<br />

andò soppiantando, nelle zone padane, quello<br />

delle pecore e delle capre, tipico <strong>della</strong> cultura<br />

greco-latina sin dal primo millennio a. C..<br />

L’allevamento ovino e caprino rimase patrimonio<br />

dei territori alpini e prealpini, senza tuttavia assumere<br />

la consistenza necessaria a renderlo<br />

importante sotto il profilo economico. Più che<br />

per la carne, le pecore e soprattutto le capre<br />

erano allevate per il latte, destinato alla produzione<br />

di formaggi. A causa di questa eredità,<br />

risulta arduo tracciare <strong>un</strong>a descrizione esauriente<br />

dello stato dell’allevamento ovino e caprino<br />

oggi in Lombardia, proprio per il fatto che è praticato,<br />

spesso a livello familiare, con pochissimi<br />

capi, nelle zone più svantaggiate dell’area collinare<br />

e montana. Solo negli ultimi 10-15 anni,<br />

piccole aziende operanti nella fascia prealpina e<br />

nel Pavese hanno avviato forme di allevamento<br />

intensivo di caprini stanziali, con greggi di dimensioni<br />

medio-piccole (30-50 capi) impostate<br />

sulla gestione razionale di tutti i fattori di produzione.<br />

Nella gastronomia tradizionale, l’uso di<br />

carne di agnello o di capra non era com<strong>un</strong>e, ma<br />

limitato a eventi rituali, come la Pasqua. Nei ricettari<br />

del passato, com<strong>un</strong>que, a partire dalla<br />

ricetta per il castrato di Maestro Martino, identica<br />

a quella qui riproposta (se si eccettua la<br />

steccatura con cannella e chiodi di garofano), si<br />

dà maggior importanza alla pecora e al montone<br />

piuttosto che all’agnello e alla capra, dal momento<br />

che, nella cultura tradizionale era considerato<br />

<strong>un</strong>o sperpero la consumazione di <strong>un</strong> animale<br />

non ancora sufficientemente cresciuto.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza

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