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Per un codice della cucina lombarda Introduzione

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Bergamo e Valli<br />

La provincia di Bergamo, limitata a Nord dalle Alpi Orobiche, si<br />

spinge a Sud fino a Treviglio e Caravaggio, con <strong>un</strong>o sviluppo<br />

Est-Ovest dalla valle Imagna al lago d’Iseo, comprendendo le<br />

valli del Brembo e del Serio che ne scandiscono<br />

longitudinalmente i rilievi prealpini. Circa i 3/4 del territorio sono<br />

collinari o montuosi, mentre la pianura, massicciamente<br />

industrializzata, occupa il rimanente quarto a Sud del<br />

capoluogo, tra il corso dell’Adda e quello dell’Oglio.<br />

Le caratteristiche morfologiche del territorio hanno condizionato<br />

nel passato l’economia bergamasca, legandola alla civiltà<br />

dell’alpeggio e alla cultura del mais, come accadeva in tutta la<br />

fascia alpina e prealpina. La <strong>cucina</strong> tradizionale <strong>della</strong> montagna<br />

bergamasca è quindi di polenta e di latte, in cui si ritrovano i<br />

segni degli scambi con la vicina Valtellina e con le vallate<br />

svizzere dei Grigioni. Nel Rinascimento la città di Bergamo<br />

rappresentò ad Occidente l’ultimo baluardo difensivo dei<br />

Veneziani nei confronti dell’egemonia milanese e sotto il diretto<br />

controllo <strong>della</strong> Serenissima Repubblica, la città del Colleoni rimase<br />

fino al 1796, ricevendone, come Brescia, precise influenze<br />

culturali, artistiche e, naturalmente, gastronomiche. Invece la<br />

pianura a Sud <strong>della</strong> città, in contatto con la civiltà risicola<br />

cremasco-milanese e con la cultura lacustre (Como-Iseo), ha<br />

maturato ovvie consonanze con le pratiche culinarie e con le<br />

scelte generali dei territori transpadani.<br />

Una <strong>cucina</strong> semplice e varia, che ha i p<strong>un</strong>ti di forza nei<br />

formaggi dell’Alpe (il Branzi, il Furmai de mut, il Taleggio, il<br />

Gorgonzola, lo Stracchino e il Quartirolo) e il tratto più<br />

caratteristico nei mille modi di preparare la polenta con la farina<br />

di mais bramata, detta app<strong>un</strong>to bergamasca: la polenta taragna<br />

e quella abbrustolita, quella con il salame o con le salamelle,<br />

con il brasato (meglio se d’asino), con l’umido di coniglio, con gli<br />

osei o con gli osei scappati, con il latte, con il baccalà, con le<br />

rane.<br />

Minestre, zuppe e risotti sono, più delle carni, l’alternativa alla<br />

polenta: i celeberrimi casonsei, i ravioletti di magro, la<br />

mariconda (in com<strong>un</strong>e con il Bresciano), la zuppa d’orzo, i risotti<br />

con le verdure, gli gnocchetti di spinaci o di ortica, gli<br />

strangolapreti. Ai secondi piatti <strong>della</strong> tradizione padano-alpina si<br />

affiancano, nel Bergamasco, le terrine di cacciagione e di<br />

capretto, le lumache in umido e le rane fritte, le mortadelle di<br />

fegato e i sanguinacci, le salamelle e i salami freschi, accompagnati<br />

da rustiche misticanze di erbe di campo e da ricche<br />

casseruole di f<strong>un</strong>ghi, le frittate profumate di formaggio e di<br />

erbe fini. I dolci tipici sono preparati con farina di mais; la<br />

smaiasa (<strong>un</strong>a torta con pere e mele) è nota anche oltre i confini<br />

regionali, mentre la polenta e osei (pasta margherita rivestita di<br />

pasta di mandorle e farcita di marmellata di albicocche) è<br />

divenuta il simbolo <strong>della</strong> gastronomia turistica <strong>della</strong> provincia.<br />

I vini contadini e da tavola (il Barzemino e la Schiava, il Colle<br />

del Calvario di Grumello del Monte, i rossi da tavola di Pretorino<br />

e di Scanzo, i vini delle Tre Valli), come i Valcalepio DOC,si<br />

addicono perfettamente al carattere rustico e al sapore forte ma<br />

gentile <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> bergamasca.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli

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