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Per un codice della cucina lombarda Introduzione

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UMIDO DI CERVO<br />

Il termine umido richiama immediatamente la nozione <strong>della</strong> pucia, dell’intingolo in cui bagnare<br />

la polenta. Come ogni intingolo che si rispetti, l’umido si forma, nella cultura tradizionale,<br />

mediante <strong>un</strong>a stufatura prol<strong>un</strong>gata, nel caso <strong>della</strong> selvaggina resa ancora più necessaria dalla<br />

fibrosità e dalla consistenza delle carni, che necessitavano anche di <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga frollatura<br />

preventiva.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Inverno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di esecuzione: 100 minuti<br />

Tecnica di cottura: Rosolatura, stufatura<br />

Utensili:<br />

tagliere, trinciante, terrina larga<br />

Ingredienti:<br />

POLPA DI CERVO (1 kg), FARINA (50 g), OLIO<br />

D’OLIVA (50 g), BURRO (40 g), SEDANO (70 g),<br />

CAROTE (70 g), CIPOLLE ( 60 g), MAZZETTO DI<br />

ERBE ODOROSE CON MOLTO TIMO (30 g),<br />

BRODO (1 l), SALE e PEPE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliare la carne a piccoli pezzi, come per<br />

<strong>un</strong> com<strong>un</strong>e spezzatino e infarinarla.<br />

• Rosolare i pezzetti di carne in poco olio ben<br />

caldo.<br />

• Tritare il sedano, la carota, le cipolle e le<br />

erbe aromatiche, quindi farle appassire in<br />

olio e burro.<br />

• Unire la carne e bagnare con il brodo, portando<br />

a cottura (circa <strong>un</strong>’ora).<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere altro brodo, nel caso l’intingolo<br />

si asciugasse troppo, e controllare il sale<br />

prima di togliere dal fuoco.<br />

• Servire ben caldo, con o senza polenta.<br />

Note: La frollatura delle carni<br />

Pellegrino Artusi ricorda nel suo ricettario che la<br />

selvaggina ha bisogno di <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga frollatura in<br />

ambiente fresco, prima di gi<strong>un</strong>gere alle condizioni<br />

ottimali per la cottura. E aggi<strong>un</strong>ge: “sino al<br />

limite <strong>della</strong> putrefazione”, <strong>un</strong>’annotazione che<br />

oggi ai più fa storcere la bocca. In passato, non<br />

solo la cacciagione, ma qualsiasi tipo di carne<br />

doveva essere frollata per diversi giorni e cotta<br />

a l<strong>un</strong>go, per permetterle di raggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> apprezzabile<br />

grado di tenerezza. Nel noto ricettario<br />

Il cuoco milanese e la cuciniera lombardoveneta,<br />

che tanta diffusione ebbe nel secolo<br />

scorso, per <strong>un</strong>o stuffato di selvaggina da pelo in<br />

tutto simile al nostro viene indicata <strong>un</strong>a cottura<br />

di cinque o sei ore. Può dispiacere ai fautori <strong>della</strong><br />

<strong>cucina</strong> tradizionalista (sul modello Gianni Brera,<br />

per intenderci) che oggi non sia più necessario<br />

cuocere così a l<strong>un</strong>go <strong>un</strong>o stufato. Le carni<br />

attualmente in commercio, attraverso le selezioni<br />

realizzate negli ultimi cento anni, sono<br />

considerevolmente più tenere di quanto non<br />

fossero <strong>un</strong> secolo e mezzo fa. E’ persino improbabile,<br />

oggi, parlare di selvaggina autenticamente<br />

selvatica, dal momento che anche i pochi<br />

capi di cui è autorizzata annualmente la caccia<br />

sono spesso il frutto di opport<strong>un</strong>e politiche di<br />

ripopolamento. Una frollatura di qualche giorno<br />

e <strong>un</strong>’ora di cottura, che permetta di pareggiare<br />

il conto con le necessità dell’intingolo, sono oggi<br />

sufficienti a rendere commestibili e a non privare<br />

di succulenza anche le carni <strong>della</strong> selvaggina.<br />

Varianti:<br />

In tal<strong>un</strong>i ricettari si utilizza lo strutto al posto<br />

dell’olio, oppure si <strong>un</strong>iscono al soffritto pezzetti<br />

di lardo o cotenne. Nelle formulazioni ottocentesche<br />

il sugo viene filtrato prima di essere portato<br />

in tavola e talvolta la carne viene lasciata in<br />

<strong>un</strong> solo pezzo e tagliata successivamente a fette<br />

come <strong>un</strong> qualsiasi brasato. Ricette in questa<br />

tipologia sono com<strong>un</strong>i anche per il capriolo.<br />

Abbinamenti:<br />

L’associazione classica è con la polenta (semmai<br />

con farina di fraina); ma il piatto si presta anche<br />

a legami più creativi, come ad esempio quello<br />

con le confetture e le marmellate, particolarmente<br />

di ciliege, di prugne o di castagne. In<br />

ogni caso richiede <strong>un</strong> grande vino, di gradazione<br />

alcolica sostenuta e di l<strong>un</strong>go invecchiamento,<br />

come il Valtellina Superiore Inferno, oppure <strong>un</strong><br />

uvaggio bordolese (cabernet e merlot), oggi<br />

sempre più diffuso in Franciacorta.<br />

L’ingrediente: la selvaggina da pelo<br />

Se si escludono gli animali di piccolo taglio, come<br />

le lepri, abbastanza com<strong>un</strong>i in tutta la regione,<br />

la cacciagione di grossa taglia è stata conosciuta<br />

in passato solo nei territori prealpini e<br />

alpini, e sicuramente non utilizzata quale cibo<br />

ordinario. I caprioli e i cervi soprattutto, ma in<br />

passato anche i daini, i camosci e gli stambecchi<br />

costituivano <strong>un</strong>’ambita preda di caccia. Apprezzati<br />

in tutta la regione i salmì e i civet con<br />

forte speziatura, gli arrosti, ingentiliti da<br />

<strong>un</strong>’abbondante lar<strong>della</strong>tura, le selle (schiene)<br />

con contorno di marroni o di frutti di bosco. In<br />

Valchiavenna e in Valtellina si producono ancor<br />

oggi i violini e le bresaole di capriolo e di cervo.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli

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