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EUROPA NEU DENKEN - Schwerpunkt Wissenschaft und Kunst ...

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gno anche della cultura d’occidente, in un suo romanzo, The Enchantress of<br />

Florence, ci conduce dall’India fino nel cuore dell’Umanesimo e del Rinascimento<br />

italiano e dei suoi protagonisti. Dalla cultura di un paese che è ormai<br />

economicamente leader mondiale, prima che venga omologata a quella capitalistica,<br />

riceviamo dunque l’invito a calibrare i desideri su uno spettro di bisogni<br />

d’altro genere che il possesso e il potere.<br />

A questo punto è possibile allora tornare a Trieste e alle sue frontiere in movimento,<br />

tralasciando in questo caso proprio l’aspetto che sembra più prezioso,<br />

che è il più ovvio, quello della sua multiculturalità: certo è importante che si riproponga<br />

come la città in cui la percezione dell’alterità è un dato costante, per<br />

quanto riguarda la presenza di altre culture e lingue, come quella in cui si<br />

esprime la minoranza autoctona slovena: Miroslav Kosuta, Marko Kravos o<br />

Aleksij Pregarc, Alois Rebula, e, primo fra tutti, Boris Pahor. Anche Veit Heinichen,<br />

scrittore tedesco di gialli inquietanti, ha scelto di vivere in questa città,<br />

come Khaled Fouad Allam, algerino naturalizzato italiano, ricercatore presso il<br />

nostro ateneo ed autore di molti libri su tematiche inerenti ai rapporti tra<br />

mondo arabo-islamico ed occidente. Ma l’appartenenza ad altre culture non mi<br />

sembra essere la frontiera più significativa, al di là di una memoria storica che<br />

è giusto mantenere viva, ma che forse va indirizzata verso altre finalità. Ci sono<br />

infatti confini ben più difficilmente rimovibili, come quelli di natura economica,<br />

ad esempio, o culturale per quanto riguarda la scolarità. In questo ambito<br />

Trieste è stata, a mio avviso, davvero esemplare. Quando il sud del mondo<br />

era chiamato il terzo mondo, ricordo che in città, se si vedeva un uomo di<br />

colore, non si pensava che fosse un lavoratore umile, ma probabilmente uno<br />

scienziato, di quelli che si chiudevano nelle aule e nei laboratori del Centro Internazionale<br />

di Fisica Teorica Abdus Salam, fondato nel 1964, dove s’imparavano<br />

teorie scientifiche e tecnologie da esportare nei paesi più deboli.<br />

Questo è forse l’aspetto che più mi piace sottolineare quando si parla di frontiere<br />

e dei loro movimenti: il dono del proprio sapere, e, forse, a Trieste, la<br />

possibilità di confrontare tra di loro i due linguaggi dei due principali pilastri<br />

della cultura, quella umanistica e quella scientifica. Perché qui si potrebbe giocare<br />

il futuro, che non va lasciato andare al caso, ma che va invece stimolato,<br />

ideato, soprattutto ora che si profila un destino di impoverimento generale e di<br />

ingiustizie sociali. Avere un’idea è molto più importante ai fini del successo di<br />

quanto non lo siano il territorio, la popolazione, le risorse naturali o la leader-<br />

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