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EUROPA NEU DENKEN - Schwerpunkt Wissenschaft und Kunst ...

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potere ideologico condizionante e castrante. Bazlen dunque, di fronte ai miti di<br />

massa del successo, della ricchezza e della potenza sessuale, giunse a teorizzare,<br />

attraverso il riuso di archetipi antichi, la superiore saggezza di un soggetto<br />

debole e la bellezza del naufragio. Questo dunque potrebbe essere il destino<br />

dell’uomo che non si fa difensore di una Kultur, quale che sia, e che preferisce<br />

fluttuare nel perenne divenire del tao, comprensivo di ogni cosa e del suo opposto,<br />

per trovare altre vie in un sistema che ha organizzato un mondo secondo<br />

tautologie assurde.<br />

Dunque se frontiere nazionali, culture, ricostruzioni storiche, miti, in questa<br />

piccola porzione di una regione più ampia si sovrappongono e si moltiplicano<br />

senza azzerarsi, se aperto è il carattere di una letteratura capace di teorizzare<br />

la polivalenza, allora si può sperare che davvero un’altra barriera possa andare<br />

in frantumi: la contrapposizione tra ideali di una cultura che mette al centro la<br />

persona, e quelli di un’industria che deve tener d’occhio il profitto. Mi piace<br />

concludere riprendendo alcune riflessioni di un triestino che qui è stato citato<br />

solo di sfuggita e che non è tra quelli di cui si parla spesso, Scipio Slataper. Le<br />

sue tre anime, italiana, slovena, tedesca, gli impedirono di considerare separatamente<br />

le tre possibili identità e dunque, di fronte all’ipotesi della guerra, la<br />

prima guerra mondiale, gli proibirono di considerare il conflitto una forma di<br />

conquista territoriale. Al contrario, al possibile vincitore, chiunque sarebbe stato,<br />

raccomandava di amare il nemico vinto, di non usurparne il territorio e di<br />

non voler distruggere la sua cultura: era il federalismo che auspicava, non<br />

l’annessione. Lo scrive nel Mio Carso (1912), mentre infuria la guerra di Libia,<br />

coloniale dunque, e le tensioni che si avvertivano nell’aria non lasciavano prevedere<br />

sui tempi lunghi la pace in Europa. Il giovane protagonista, vagando tra<br />

magazzini e depositi sulle banchine della città da cui salpavano navi per tutto il<br />

mondo, si compiaceva della vista di tante merci che davano potere e ricchezza<br />

e lavoro a Trieste. Ma, provato il dolore per il suicidio della donna amata, comincia<br />

a vedere diversamente il lavoro, che dà ricchezza ma il cui valore forse va<br />

rapportato ad altre dimensioni dell’anima. Non più strumento di realizzazione,<br />

sociale e morale, in quanto sfruttamento dell’uomo sull’uomo, diventa così ai<br />

suoi occhi viatico per l’espiazione delle proprie colpe. «Amare e lavorare» è<br />

l’endiadi di un finale che nel romanzo ribalta il punto di vista del mercante, e ne<br />

fa un ideale che contempla la dedizione all’altro, così come, in caso di guerra,<br />

prevede comunque una fratellanza tra vincitore e vinto: «vi tendiamo la mano,<br />

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