LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA E IL FUNZIONAMENTO DEL SÉ
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essere utilizzato in futuro nella ricerca in psicoterapia, da coloro che si occupano dello studio dei<br />
processi narrativi e terapeutici, perché fornisce un metodo empirico per la segmentazione del<br />
dialogo clinico in termini di sequenze narrative. Dall’altro lato, la presenza di un processo<br />
narrativo attesta che, in ambito diagnostico, e in particolare nel momento della raccolta dei dati<br />
anamnestici, la struttura narrativa e sequenziale organizza il pensiero del paziente, dato questo<br />
di facile intuizione, ma mai fino ad ora accertato in un contesto di assessment.<br />
Nonostante le unità di ricordo selezionate risultino in genere emotivamente più intese rispetto<br />
alle altre parti del colloquio, l’analisi dei pattern proposta da Mergenthaler (1996), mostra in<br />
corrispondenza dei ricordi, una prevalenza di pattern di Relaxing o di Reflecting, cioè di<br />
interazioni in cui la percentuale di parole emotive espresse dal paziente è uguale o addirittura<br />
inferiore alla percentuale di quelle astratte. Per comprendere e interpretare questo dato è<br />
necessario considerare molteplici aspetti di natura clinica e metodologica. Da un lato, la<br />
peculiarità del setting potrebbe avere un ruolo determinante nel processo di regolazione delle<br />
emozioni da parte del paziente. La raccolta della “storia di vita” di un individuo è parte di un più<br />
ampio processo diagnostico che si configura come un incontro tra estranei che sanno poco o<br />
niente l’uno dell’altro e dove la situazione è fortemente asimmetrica: da un lato, c’è lo psicologo<br />
con il suo bagaglio di conoscenze da impiegare, dall’altro c’è il paziente con un problema cui<br />
cerca di trovare una soluzione. Al momento dell’incontro, psicologo e paziente hanno un oggetto<br />
comune, cioè il disagio, il disturbo, la sofferenza, ma non necessariamente uno stesso obiettivo.<br />
È dunque possibile che non solo non si sia ancora instaurata un’alleanza diagnostica, ma anche<br />
che la relazione sia pervasa da sfiducia e diffidenza nei confronti del clinico (Orefice, 2002). Se,<br />
da un lato, questo aspetto rappresenta una fonte importantissima di informazioni oggettive e<br />
soggettive per la comprensione del paziente, dall’altro può costituire un’inibizione nel rivelare chi<br />
veramente si è. Un paziente potrebbe, dunque, narrare la storia della propria vita, ma senza un<br />
investimento emotivo nel raccontarla o “dis-associandosi” dall’emozione originaria legata<br />
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