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LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA E IL FUNZIONAMENTO DEL SÉ

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”autoreferenzialità causale” (Campbell, 1997; Searle, 1983). Secondo Perner (2000),<br />

l’amnesia infantile è dovuta proprio all’incapacità dei bambini piccoli di codificare eventi<br />

personalmente vissuti, nei termini della loro fonte causale di informazione. L’abilità di<br />

mettere in relazione queste rappresentazioni multiple e complesse è alla base della<br />

costituzione di un concetto causale - astratto di sé (“prospettiva autobiografica”), che integri<br />

ricordi di stati in precedenza non interrelati, in una rappresentazione autobiografica di sé<br />

organizzata, coerente e unificata. Persone che presentino gravi patologie del sé avranno<br />

profonde limitazioni nel manipolare le rappresentazioni multiple di sé in una “prospettiva<br />

autobiografica” (Fonagy et al., 2002).<br />

Quando si parla di una configurazione integrata di sé sia in senso sincronico, perché<br />

comprende ruoli e relazioni differenti, sia in senso diacronico, perché conferisce continuità ai<br />

differenti aspetti del sé che si manifestano nei diversi periodi della vita, molti autori parlano<br />

di “identità” (Erickson, 1959; Blatt, 1991, 1995). Blatt (2008), ad esempio, riprendendo la<br />

teoria dello sviluppo dell’identità di Erickson (1959) sottolinea quale punto nodale dello<br />

sviluppo del sé il raggiungimento della “self-constancy”, intesa come una rappresentazione<br />

coerente, coesa e consolidata di sé come individuo distinto dagli altri e stabile nel tempo e<br />

nello spazio, nonostante il mutare degli stati affettivi. Secondo l’autore, è necessario<br />

distinguere due linee di sviluppo parallele, ma in continua interazione: “la definizione di sé” e<br />

“la relazionalità”: l’acquisizione dell’identità è un processo graduale che evolve<br />

parallelamente allo sviluppo di un’abilità relazionale, caratterizzata da forme più mature di<br />

fiducia reciproca, di collaborazione e di intimità. La memoria autobiografica, quindi,<br />

strettamente associata alla “definizione di sé” e allo sviluppo dell’”identità” avrebbe il compito<br />

di supportare e di facilitare l’emergere di un processo di ricostruzione dell’esperienza dalla<br />

memoria implicita e di interagire con quest’ultima nel definire il proprio comportamento<br />

relazionale (Davis, 2001). Nella prospettiva del lavoro psicoanalitico, memoria esplicita, o<br />

superficiale, e implicita partecipano così insieme al processo ricostruttivo: la prima come<br />

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