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LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA E IL FUNZIONAMENTO DEL SÉ

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all’evento e alla traccia mnestica, in una sorta di esecuzione del “compito di rispondere alle<br />

domande” (Orefice, 2002).<br />

Altro aspetto rilevante riguarda la natura dell’analisi linguistica che si è scelto di svolgere, che<br />

permette di indagare esclusivamente le emozioni verbalizzate dal paziente, cioè quelle<br />

esperienze emotive che il soggetto è in grado di comunicare attraverso la parola. Essendo la<br />

comunicazione verbale solo una delle dimensioni della memoria autobiografica e poiché la<br />

presenza di un disturbo può influenzare la capacità di un soggetto di esplicitare a livello verbale<br />

le proprie emozioni, ne deriva che quanto misurato potrebbe costituire solo una parte delle<br />

emozioni effettivamente presenti. In futuro, sarebbe interessante accompagnare alla codifica del<br />

contenuto verbale del discorso, anche l’analisi di altre forme di espressione o comunicazione<br />

emotiva (postura, tono di voce, velocità dell’eloquio).<br />

Una volta dimostrato che il Coding System for Autobiographical Memory Narratives in<br />

Psychotherapy consente, nonostante alcuni limiti già esposti, di misurare in modo attendibile la<br />

complessità narrativa delle sezioni tematiche di un colloquio clinico e di identificare unità di<br />

ricordo autobiografico, il secondo obiettivo del lavoro era quello di osservare e descrivere le<br />

relazioni tra la specificità, l’integrazione, il contenuto, il tono e l’intensità emotiva dei ricordi<br />

selezionati. Dalle analisi descrittive emerge, innanzitutto, che i ricordi rappresentano la<br />

maggioranza delle verbalizzazioni (85%) e questo indica che i colloqui per la raccolta dei dati<br />

bio-psico-sociali hanno raggiunto il loro scopo, ovvero hanno permesso di studiare<br />

sperimentalmente la ricostruzione soggettiva che un individuo fa dei suoi ricordi nel contesto<br />

naturalistico ed ecologico del processo diagnostico.<br />

In merito al livello di specificità, viene confermata l’ipotesi ampiamente descritta in ambito non<br />

clinico, secondo la quale i ricordi generici sono presenti in numero sempre maggiore rispetto a<br />

quelli specifici ed episodici nella narrazione delle proprie storie di vita (Blagov & Singer, 2004).<br />

Già a un anno di distanza da un evento, il ricordo perde di dettagli caratterizzanti e i processi<br />

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