LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA E IL FUNZIONAMENTO DEL SÉ
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più o meno consapevole con l’emozione che ha provato al momento dell’evento. A differenza di<br />
quanto rilevato in altri tipi di ricordo, in quelli che hanno un contenuto relazionale, i soggetti del<br />
nostro campione sembrano in grado di cogliere il ruolo rilevante dell’emozione e, in alcune<br />
occasioni, di integrare gli aspetti emotivi con riflessioni e intuizioni riguardo alla propria<br />
esperienza personale. Questo dato sarebbe in linea con le teorizzazioni di alcuni autori che<br />
sostengono che i ricordi di episodi relazionali, evocati nel contesto del colloquio, funzionano da<br />
“emotional handles” o da ”touchstones” dell’esperienza del soggetto e rimandano paziente e<br />
clinico a temi relazionali importanti e/o conflittuali della personalità del soggetto (Greenberg,<br />
2002; Bucci, 1995).<br />
Potremmo affermare, quindi, che, nell’insieme, i risultati relativi allo studio delle relazioni tra le<br />
dimensioni del ricordo autobiografico mostrano che le capacità di specificare e di dare un<br />
significato ai propri ricordi assumono due funzioni fondamentali tra loro collegate: da un lato,<br />
generalizzare gli eventi della propria vita ad un livello più astratto assume una funzione difensiva<br />
che permette di regolare gli affetti e di organizzare le rappresentazioni più dolorose e<br />
traumatiche della propria esperienza di vita. Dall’altro, la capacità di creare un legame tra gli<br />
eventi e di collocarli in un’unica narrazione può facilitare un processo di “meaning making” e di<br />
comprensione dell’esperienza stessa. Solo le persone che sono in grado sia di accedere a ricordi<br />
specifici e immaginativi del proprio passato sia di cogliere elementi di riflessione e di<br />
insegnamento per il futuro dimostrano di avere la capacità di conciliare componenti affettive e<br />
cognitive delle loro esperienze (Blagov & Singer, 2004; Singer, 2005; Wood & Conway, 2006;<br />
Cartstensen & Mikels, 2005; Chlagman, Schulz & Kvavilashvili, 2006). L’avere un accesso specifico<br />
sia emozionale sia cognitivo ad un tema conflittuale e la capacità di riflettere su di esso sono<br />
processi qualitativamente diversi dalla semplice compresenza di affetto e di pensiero; è<br />
indispensabile che siano tra loro integrati e interagenti ovvero che lo sforzo cognitivo sia rivolto<br />
a ridimensionare e a comprendere proprio quelle emozioni che, dal canto loro, affettivizzano un<br />
pensiero altrimenti troppo astratto (Fonagy & Target, 1997). Raggiungere questa capacità di<br />
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