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LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA E IL FUNZIONAMENTO DEL SÉ

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attraverso l’utilizzo di un metodo associativo per la raccolta e la valutazione dei ricordi, che si<br />

è dimostrato valido per identificare pattern di rappresentazioni oggettuali, che variano in<br />

relazione alle caratteristiche di personalità, alla diagnosi e alla gravità dei disturbi (Last &<br />

Bruhn, 1983; Allers et al., 1990, 1992; Fakouri et al., 1985; Sauders & Norcross, 1988; Acklin<br />

et al., 1991). Nonostante questi tentativi, esistono, tuttavia, molti limiti teorici e metodologici<br />

negli approcci che hanno cercato finora di utilizzare il ricordo come strumento diagnostico.<br />

Bruhn stesso (1992a, 1992b) riconosce che molti sistemi di codifica lasciano ampio spazio<br />

alla libera interpretazione, senza fornire chiari e utili linee guida per la valutazione. Tutti gli<br />

strumenti ideati finora sono rigidamente orientati a modelli teorici psicoanalitici, difficilmente<br />

generalizzabili a contesti clinici differenti, e si focalizzano prevalentemente sull’analisi delle<br />

esperienze precoci o infantili, tralasciando quelle successive e più recenti dell’età adulta<br />

(Langs, 1965a; 1965b; Mayman, 1968; Bruhn, 1992a,1992b).<br />

Come già sottolineato nel primo capitolo, l’altro fattore critico nello studio della memoria<br />

autobiografica ai fini diagnostici è la modalità con cui i ricordi possono essere evocati e<br />

indagati. La maggior parte degli studi, mirati ad una maggiore comprensione del costrutto in<br />

ambito clinico e diagnostico si avvalgono di questionari o interviste (Brown & Schopflocher,<br />

1998; Hacque & Conway, 2001; Semin & Smith, 1999; Williams & Broadbent, 1986;<br />

Williams, Ellis, Tyres, Healy, Rose, & MacLeod, 1996), che, rifacendosi all’originario<br />

paradigma “cue word” (Galton, 1883), indagano la memoria autobiografica proponendo<br />

domande o stimoli opportunamente scelti per incoraggiare i processi di recupero. I ricordi<br />

autobiografici, rievocati in un contesto diagnostico, si differenziano, però, in modo<br />

significativo da quelli indotti negli studi sperimentali, perché assumono qualità spontanee,<br />

relazionali e narrative: sono narrazioni complesse ed emotivamente rilevanti (Singer, 2005).<br />

Il processo diagnostico tiene conto, infatti, di molteplici dimensioni psichiche, consce e<br />

inconsce, esplicite e implicite, sane e patologiche che definiscono il sé e permettono di<br />

ampliare la valutazione alla struttura di personalità (Dazzi, Lingiardi e Gazzillo, 2009). Per<br />

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