LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA E IL FUNZIONAMENTO DEL SÉ
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CAPITOLO 3<br />
<strong>LA</strong> RICERCA<br />
L’analisi delle relazione tra dimensioni dei ricordi autobiografici<br />
e funzionamento del sé e di personalità<br />
3.1 Introduzione<br />
Come descritto nei capitoli precedenti, molti degli approcci empirici allo studio della<br />
memoria autobiografica e della relazione tra ricordi, sé e personalità hanno avuto origine<br />
nell’ambito della psicologia clinica. Gli autori che sostengono l’utilità diagnostica e clinica<br />
dell’analisi dei ricordi personali partono dal presupposto teorico che la memoria<br />
autobiografica sia “l’espressione fenomenologica del sé ” (Barclay, 1996): i ricordi, quindi,<br />
sarebbero dei “descrittori” e degli strumenti di “self-knowledge” (Pinker, 1997) che<br />
permettono di accedere all’intreccio di emozioni, attitudini, motivazioni e aspettative che<br />
costituiscono la personalità (Wallin, 2007). Tuttavia, lo studio empirico e l’uso clinico di<br />
queste relazioni nel contesto della diagnosi e dell’assessment risultano molto difficili, a causa<br />
di molteplici fattori che cercheremo di approfondire di seguito.<br />
In primo luogo, nonostante siano stati fatti diversi tentativi di individuare e di interpretare le<br />
narrazioni dei pazienti in psicoterapia, pochi studiosi hanno indagato il ruolo specifico che i<br />
ricordi autobiografici (Singer & Salovey, 1993; Pillemer, 2001;Conway et al., 2004; Singer,<br />
2005) hanno nel contesto diagnostico e di assessment, inteso come la fonte più importante<br />
di informazioni riguardo alle rappresentazioni di sé e alla struttura di personalità del soggetto<br />
(Dazzi, Lingiardi e Gazzillo, 2009) 8 .<br />
Negli ultimi decenni, i risultati delle ricerche in psicoterapia hanno rivalutato, infatti, il ruolo<br />
della narrazione autobiografica nei processi di trattamento (Angus, Levitt & Hardtke, 1999).<br />
Sia i modelli cognitivi, che si sono sviluppati a partire dai paradigmi costruttivisti (Gonçalves,<br />
8 Col termine assessment (o processo diagnostico) ci si riferisce, infatti, alla fase di consultazione che si configura come un<br />
incontro tra due estranei: da un lato c’è il paziente con un problema cui cerca di trovare una soluzione, dall’altro c’è il clinico con<br />
il suo bagaglio di conoscenze da impiegare e che, per la raccolta delle informazioni, si avvale di strumenti diversi quali il<br />
colloquio clinico, il colloquio psichiatrico, il colloquio anamnestico e gli strumenti testologici (Del Corno & Lang, 2002).<br />
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