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Guida degli Archivi capitolari d'Italia. I - Direzione generale per gli ...

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<strong>Guida</strong> <strong>de<strong>gli</strong></strong> <strong>Archivi</strong> <strong>capitolari</strong> d’Italia, I<br />

Presso le chiese episcopali si moltiplicarono i collegi dei canonici della<br />

più diversa origine e tale modello di vita si diffuse pure presso le chiese<br />

parrocchiali. Le modalità concrete in cui i singoli canonici vennero a<br />

trovarsi furono le più diverse. Il fatto più importante dell’organizzazione<br />

canonicale dei secoli seguenti dopo le disposizioni di Ludovico il Pio fu<br />

certamente la comparsa di “prebende” individuali, desunte dalla precedente<br />

massa comune. Essi, alla fine di un <strong>per</strong>iodo di invasioni come quelle<br />

dei Normanni nel centro dell’Europa, si concretizzarono nell’assegnazione<br />

di una parte del patrimonio del collegio, le cui rendite consentivano<br />

al singolo canonico di ricavare l’occorrente <strong>per</strong> il vitto quotidiano.<br />

Tutta questa realtà patrimoniale collettiva e individuale era dentro l’insieme<br />

dei rapporti feudali della società del tempo, delle connessioni,<br />

cioè, con i diritti di laici o ecclesiastici fondatori, benefattori, o con<br />

quelli di altro genere, e diventarono oggetto di aspirazione da parte di<br />

candidati interessati e di laici. Ma non vi è dubbio che si affermò il ruolo<br />

principale dei canonici: la preghiera pubblica, comune e continua nella<br />

chiesa cattedrale. E <strong>per</strong> questa attività del Capitolo si originò tutta una<br />

serie di fatti connessi, come la confezione di testi liturgici, la produzione<br />

di suppellettile necessaria al culto, la formazione di gruppi di chierici di<br />

grado inferiore, la organizzazione di un gruppo di cantori, nonché la individuazione<br />

di modi con cui qualcuno provvedesse pure alla cura dei<br />

fedeli che certamente frequentavano la chiesa, a quella di organizzare<br />

strutture <strong>per</strong> assistere poveri e acco<strong>gli</strong>ere pellegrini, l’amministrazione<br />

stessa del patrimonio. Non mancò pure l’interesse <strong>per</strong> l’istruzione dei canonici,<br />

sicché sorsero delle scuole gestite da<strong>gli</strong> stessi canonici ed a<strong>per</strong>te<br />

ai chierici inferiori e ad altri. Insomma, come nota Marc Bloch, «i servizi<br />

resi dai monasteri alla società feudale e dai capitoli alle città medievali<br />

in formazione e in sviluppo furono nell’ordine economico, caritativo e<br />

culturale, ma soprattutto e innanzitutto di natura spirituale: essi assicurarono<br />

ciò che era indispensabile a<strong>gli</strong> uomini del tempo, il culto divino» 5 .<br />

E <strong>per</strong> tali finalità anche i canonici divennero eredi di copiose donazioni<br />

da parte dei fedeli. A questo notevole prestigio si aggiunse il fatto che essi<br />

divennero <strong>gli</strong> elettori del vescovo ed i suoi primi collaboratori nell’amministrazione<br />

della diocesi, fino a quando i limiti del sistema feudale<br />

non alterarono tradizioni ed equilibri.<br />

Quei limiti furono originati soprattutto dall’uso <strong>per</strong>sonale che i canonici<br />

facevano dei beni della prebenda e del patrimonio comune e dall’amministrazione<br />

di quello finalizzato a<strong>gli</strong> scopi liturgici e al soccorso ai<br />

poveri. Ai riformatori, che divennero sempre più vigorosi nel sec. XI 6 , ciò<br />

5 La société féodal, Paris 1950, p. 139, citato da DEREINE, Chanoines, cit., col. 354.<br />

6 Il <strong>per</strong>iodo della riforma dei secc. XI-XII è tratto dallo stesso DEREINE, ivi, coll.<br />

375-405, ma con riferimenti alla situazione in Francia e in Germania. Cfr. pure i vari con-<br />

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