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Guida degli Archivi capitolari d'Italia. I - Direzione generale per gli ...

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Gallipoli<br />

dalla lettera apostolica del 30 ottobre 1329, inviata da Giovanni XXII al<br />

vescovo Melezio, monaco greco calabrese, chiamato dall’arcivescovo di<br />

Otranto, Luca, a subentrare a Goffredo, dopo l’annullamento dell’elezione<br />

dell’arcidiacono, ritenuto privo della cultura richiesta. Dal X-XI secolo<br />

la diocesi di Gallipoli fu infatti suffraganea di quella di Otranto, fino<br />

al 1980, anno in cui Lecce è divenuta sede metropolitana. Con il trascorrere<br />

del tempo, in ogni caso, si affermò la latinizzazione della gerarchia:<br />

valga <strong>per</strong> tutti il caso del canonico della cattedrale, Ugolino, presule<br />

dal 1379 al 1383. Tutto ciò non comportò tuttavia la scomparsa del clero<br />

e del rito greco, dal momento che l’ultima funzione secondo il rito bizantino<br />

fu celebrata nel 1513. Le fonti post-tridentina documentano che<br />

la cura delle anime non era esercitata dal Capitolo, bensì da rettori di nomina<br />

vescovile.<br />

Il Capitolo di Gallipoli nel corso dei secoli, dopo lo strappo dalla Chiesa<br />

di Roma del XII secolo, ha dovuta lottare strenuamente contro l’esiguità<br />

delle proprie rendite. Alcuni privilegi di Federico d’Aragona (1497)<br />

e di Carlo V (1519), riportati nel Libro rosso della Città, documentano<br />

rispettivamente l’assegnazione al Capitolo cattedrale <strong>de<strong>gli</strong></strong> antichi monasteri<br />

italo-greci di S. Maria de Lomito e di S. Mauro, anche se quest’ultimo<br />

non fu mai posseduto dal Capitolo. Stante l’esiguità delle<br />

rendite economiche, il vescovo Vincenzo Capace (1596-1621) provvide<br />

a più riprese ad impinguare i cespiti <strong>capitolari</strong>, onde consentire la celebrazione<br />

della messa conventuale e lo svolgimento dei divini uffici in coro.<br />

Nel 1597, inoltre, i beni dei Minori osservanti, passati ai Riformati,<br />

furono trasferiti al Capitolo, stante l’incapacità di possedere della nuova<br />

fami<strong>gli</strong>a religiosa.<br />

Le consuetudini e le norme di organizzazione interna del Capitolo cattedrale<br />

furono formalizzate nel sinodo diocesano celebrato nel 1661 dal vescovo<br />

Giovanni Montoja de Cardona (1659-1667) e nel corso della visita<br />

pastorale effettuata nel 1714 dal vescovo Oronzo Filomarini (1700-1741).<br />

Si conservano altresì revisioni <strong>de<strong>gli</strong></strong> Statuti redatte ne<strong>gli</strong> anni 1790, 1824,<br />

1868, 1920, 1942, fino a quelli attualmente vigenti, approvati nel 1989 ed<br />

entrati in vigore il 1º gennaio 1990.<br />

Stando alla testimonianza dell’abate Francesco Camaldari, la cui manoscritta<br />

Istoria de’ successi del suo tempo riportava notizia della Chiesa di<br />

Gallipoli riferibili a<strong>gli</strong> ultimi decenni del Quattrocento e ai primi del Cinquecento,<br />

i canonici che all’epoca della narrazione dei fatti seguivano tutti<br />

il rito greco, vestivano «panni turchini, suctili di grana, et neri et en<br />

tucti erano duodeci, et da trenta altri erano Preiti...». Successivamente i<br />

canonici vestirono la cotta ed una mozzetta di raso di lana di colore nero,<br />

mentre le dignità indossavano la mozzetta violacea; <strong>gli</strong> altri 18 indossavano<br />

la sola cotta. Nel 1741 papa Benedetto XIV concesse l’uso del<br />

rocchetto (cotta con maniche lunghe e strette) e della cappa magna di la-<br />

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