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<strong>Porphyra</strong> Anno IV, numero IX, Maggio 2007<br />
“L’età macedone: dotti, militari, patriarchi”<br />
formavano la base dell’insegnamento ‘secondario’ (dopo la<br />
prima fase detta degli hierà gràmmata, Bibbia e qualche lettura<br />
dai Padri); anche i sommi filosofi, citati spesso da Fozio,<br />
dovevano essere troppo noti perché se ne illustrasse il pensiero.<br />
Dalla premessa dell’opera, dedicata al fratello Tarasio,<br />
risulta che la Biblioteca è frutto di personali letture di Fozio.<br />
L’opera è connessa con una ambasceria di Fozio presso gli<br />
Arabi, che, byzantino more, egli chiama Assiri. Per ordine<br />
dell’imperatrice Teodora, fra l’855 e l’856 vi fu uno scambio di<br />
prigionieri fra i due imperi. A capo dell’ambasceria fu un certo<br />
Giorgio, col quale viaggiò Fozio. Fozio, nella fretta di partire,<br />
pubblicò l’opera così com’era, frettolosamente, volendo<br />
diffondere le sue ‘schede’ di lettura senza una definitiva<br />
revisione. Tornato dall’ambasceria, fu impedito dal ritornare sui<br />
suoi appunti per via dell’elezione al patriarcato (858) che gli fu<br />
imposta in un particolare momento politico distogliendolo dalle<br />
sue amate letture.<br />
Ma come interpretare la figura di Fozio: umanista o<br />
bibliofilo?<br />
Per K.Krumbacher Fozio «come un Cristoforo Colombo<br />
della letteratura (…) parla con tanta gioia ed entusiasmo» dei<br />
suoi testi «come se si trattasse di novità letterarie».<br />
«Il significato universale della figura di Fozio non consiste però<br />
né in quest’opera né nei suoi rimanenti scritti profani ed<br />
ecclesiastici (...) ma nella sua attività di principe della Chiesa».<br />
Indubbio è comunque che Fozio sentisse vivi ed operanti<br />
nel suo pensiero sia gli antichi pagani sia i cristiani, e che tutti<br />
quanti, cooperando con i loro scritti, improntassero di sé l’epoca<br />
così difficile della ripresa dopo i dark ages. Né va sottovalutato<br />
l’amore per il libro in sé; la biblioteca, la raccolta e lo studio dei<br />
testi furono per Fozio possesso imperituro, mezzo di<br />
affratellamento universale, strumento d’unione fra gli uomini; la<br />
cultura antica gli era familiare, così come quella cristiana.<br />
Purtroppo, malgrado il suo energico richiamo alla civiltà<br />
classica, Fozio non riuscì – come abbiamo visto – a salvare tante<br />
opere dall’oblio. Già qualche secolo dopo la sua morte, nel XII<br />
secolo, Giovanni Tzetzes dichiarò, in una lettera all’imperatore,<br />
di essere alla ricerca di un’antica opera ormai introvabile, la<br />
Storia scitica di Dexippo (III sec. d.C.), che Fozio, ai suoi tempi,<br />
leggeva ancòra (cod. 82).<br />
Uno scolaro di Fozio, A r e t a d i C e s a r e a , svolse<br />
una utilissima attività ricopiando, o facendo ricopiare, e talvolta<br />
commentando testi antichi.<br />
Areta, nato a Patrai verso l’850, fu diacono nell’895, poi<br />
vescovo di Cesarea (circa 907), dove morì verso il 940. Compose<br />
un commentario all’Apocalisse, orazioni, epistole, scritti<br />
teologici. Il suo nome è maggiormente noto come filologo. Egli<br />
raccolse, a proprie spese, una pregevolissima collezione di autori<br />
sacri e profani, corredandoli di scoli e annotazioni.<br />
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Rivista online a cura dell’Associazione Culturale Bisanzio