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Qui - Porphyra

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<strong>Porphyra</strong> Anno IV, numero IX, Maggio 2007<br />

“L’età macedone: dotti, militari, patriarchi”<br />

concilio generale, che questi non rifiutò, 24 perché era<br />

l’adempimento pratico delle richieste di Niccolò I, adattato alla<br />

maggiore rilevanza che il caso aveva assunto in quel periodo<br />

Tra l’altro, papa e basileus erano concordi nel non volere<br />

la reintegrazione di Fozio, per cui non si frapponevano ostacoli<br />

alla loro collaborazione. Addirittura, quando i legati papali<br />

tardarono a giungere sul Corno d’Oro, Basilio I e Ignazio ne<br />

reclamarono la presenza, sottolineando le questioni più urgenti<br />

sul tavolo politico: la sottomissione di Fozio, la validità delle sue<br />

ordinazioni, il giudizio sui sottoscrittori del conciliabolo<br />

dell’867. 25 La politica di Michele III era morta con lui, mentre<br />

quella di Niccolò I sembrava reincarnarsi in Basilio I. Questi era<br />

ben determinato ad ottenere clemenza per i presuli coinvolti<br />

nell’affaire e volle che l’istruttoria si avviasse a Roma, per<br />

essere sicuro che si concludesse a Costantinopoli. Inviò i<br />

procuratori di Ignazio e Fozio presso Adriano II, ma il concilio<br />

che questi presiedette nell’estate dell’869 in San Pietro prese<br />

delle misure inequivocabili, che già ipotecavano le decisioni<br />

dell’assise da tenersi in Oriente e contraddicevano i desiderata<br />

basiliani: Fozio fu anatematizzato, deposto e ridotto allo stato<br />

laicale, nel quale, forse in futuro, avrebbe potuto essere<br />

riammesso ai sacramenti; i presuli sottoscrittori dei canoni del<br />

conciliabolo dell’867 erano scomunicati con un anatema dal<br />

quale solo il papa avrebbe potuto scioglierli; quelli che avevano<br />

aderito a Fozio, pur essendo stati consacrati da Ignazio, potevano<br />

essere assolti dalle censure ecclesiastiche solo se avessero<br />

sottoscritto un libellus satisfactionis redatto nella curia romana e<br />

costruito attorno alla formula di Ormisda; le ordinazioni di Fozio<br />

erano annullate. 26<br />

Papa Adriano II si mostrava così più severo e meno<br />

perspicace di Niccolò. Sebbene fosse stato eletto come candidato<br />

di compromesso tra i fautori e i detrattori della politica nicolaita,<br />

in queste circostanze la superò nei fatti e tirò le somme di tutto il<br />

curialismo appreso collaborando coi papi dall’842 in poi. I suoi<br />

legati – i vescovi Donato e Stefano e il diacono Marino, poi<br />

papa – giunsero a Costantinopoli il 5 ottobre 869, trovando un<br />

clima molto teso. Solo dodici vescovi ignaziani erano presenti a<br />

quello che sarebbe poi stato considerato il IV concilio<br />

costantinopolitano e la presidenza sinodale, nonostante i<br />

rimbrotti di Niccolò I a Michele III sull’argomento, fu avocata a<br />

sé da Basilio, che delegò al compito il patrizio Baane. Molta<br />

resistenza fu opposta alla firma del Libellus, in quanto il suo<br />

argomentare era più adatto al recupero degli eretici che degli<br />

scismatici; molti presuli poi ricordarono che almeno fino all’863<br />

essi erano stati in comunione con Niccolò I, per cui non<br />

meritavano di essere così puniti da Adriano II. Il diacono Marino<br />

24 MGH EE VI, 747-750.<br />

25 DÖLGER, Reg., n. 474; GRUMEL, Reg., n. 489.<br />

26 MANSI G.D., Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio (=MANSI), Paris-Leipzig 1901-1927, XVI 121-<br />

131.<br />

16<br />

Rivista online a cura dell’Associazione Culturale Bisanzio

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