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<strong>Porphyra</strong> Anno IV, numero IX, Maggio 2007<br />
“L’età macedone: dotti, militari, patriarchi”<br />
alla propria. Papa Giovanni era di poco più grande d’età e la<br />
madre lo aveva insediato per avere sotto controllo il sovrano<br />
nominale di quello Stato Pontificio di cui era la sovrana di fatto.<br />
La senatrice peraltro mirava ad inquadrare il proprio dominio in<br />
coordinate politiche ben precise: negoziò il matrimonio di sua<br />
figlia Berta con uno dei figli di Romano, per ottenere in cambio<br />
la legittimazione del proprio titolo senatoriale.<br />
Contemporaneamente, vedova già due volte (di Alberico di<br />
Spoleto, padre di Giovanni, e di Guido di Toscana), sposò Ugo<br />
di Provenza, fratello del secondo marito e re d’Italia. Questo<br />
matrimonio, canonicamente illegittimo, fu officiato dal figlio,<br />
ma fu foriero di disgrazia: il fratello del papa, Alberico (†954),<br />
offeso dal patrigno durante il banchetto nuziale, chiamò i<br />
Romani alla rivolta, espulse Ugo, incarcerò la madre e ridusse<br />
Giovanni in servitù (932). Tuttavia accondiscese all’invio di<br />
legati a Costantinopoli per consacrare Teofilatto (2 febbraio<br />
933), ottenendo probabilmente in cambio il titolo di patrizio dei<br />
Romani e di principe: con esso assumeva legalmente la signoria<br />
di Roma, in vece di un imperatore lontano e non pericoloso.<br />
Lo Stato della Chiesa, che doveva far parte dell’Impero<br />
d’Occidente, era trasportato nell’orbita di Bisanzio. Due potenze<br />
profane si erano accordate per incatenare la libertà ecclesiastica.<br />
Forse Giovanni XI fu persino indotto a confermare l’autocefalia<br />
di Bisanzio con espressioni delle quali non intuì forse a fondo la<br />
portata ma che – se confermate dalla critica storica – ancora oggi<br />
avrebbero il loro peso. 57<br />
Il gesto di Romano, tuttavia, non rimase impunito.<br />
Quando, alla morte del figlio Cristoforo, decise di trasmettere il<br />
diritto ereditario a Costantino VII – che considerava migliore dei<br />
suoi due figli superstiti – costoro lo deposero e lo incarcerarono<br />
per assumere il potere (944). Ciò spianò la strada a Costantino,<br />
che finalmente potè liberarsi della tutela degli odiati Lecapeni,<br />
arrestando e deportando i due cognati (945). Il Porfirogenito<br />
lasciò indisturbato Teofilatto, il quale con la propria curia riuscì<br />
anche a fare qualcosa di buono, nonostante la condotta<br />
immorale: combattè infatti energicamente l’incipiente eresia<br />
bogomila, con una famosa Lettera 58 redatta dal chartophylax<br />
Giovanni.<br />
Alla morte di Teofilatto, divenne patriarca Polieucto<br />
(956-970), che rialzò moltissimo le sorti della sua sede. Per il<br />
resto del regno del dotto imperatore, Roma ebbe di sicuro buone<br />
relazioni con Bisanzio, grazie al legame con Alberico sia del<br />
papa che della corte orientale.<br />
In ogni caso, anche nell’età di Nicola Mistico e di<br />
Romano I, Bisanzio riconosce il primato romano, anche se<br />
spesso strumentalizzandolo. Anzi, proprio la debolezza del<br />
papato rende più accetta l’idea del suo ruolo supremo. Dal canto<br />
suo la Santa Sede è consapevole delle proprie funzioni e in<br />
57 Cfr. Liutprandi Legatio 62.<br />
58 Ed. DUJCEV I., in Mélanges E.Tisserant, Città del Vaticano 1964, II, pp. 63-91.<br />
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Rivista online a cura dell’Associazione Culturale Bisanzio