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<strong>Porphyra</strong> Anno IV, numero IX, Maggio 2007<br />
“L’età macedone: dotti, militari, patriarchi”<br />
basileus, non poteva essere annessa a Roma nel quadro di un<br />
indifferenziato accentramento senza che questi si opponesse,<br />
rinverdendo i fasti del dominato teocratico costantinianogiustinianeo.<br />
Ma anche Roma non era più l’estrema propaggine<br />
dell’impero romano d’Oriente e il papa non era più un suddito<br />
illustre del Bosforo. Il suo rango non dipendeva dal ruolo<br />
politico della città, che peraltro era diventata un suo dominio<br />
politico, nel quadro della restaurata autonomia imperiale<br />
d’Occidente. Il papato era cresciuto in consapevolezza e,<br />
riallacciandosi alla tradizione tardoantica post-costantiniana,<br />
aveva avviato la centralizzazione del governo ecclesiastico. La<br />
probabilità che il basileus potesse deporre il papa era pari a zero.<br />
La rottura della corona con la tiara significava la fine<br />
dell’influenza bizantina in Occidente. Ossia era un colpo mortale<br />
per l’universalismo bizantino. Michele III si era cacciato in un<br />
vicolo cieco e sembra più probabile che sia stato lui l’ispiratore<br />
del gesto avventato di Fozio, piuttosto che questi,<br />
consapevolmente, abbia cercato lo scontro. Crederlo sarebbe un<br />
torto alla sua grande intelligenza, che ben aveva valutato la<br />
portata del ricorso a Roma per dirimere la questione elettorale,<br />
quando ancora credeva di poterla risolvere nel suo interesse.<br />
Come potesse condannare Roma per interventi da lui sollecitati,<br />
anche se poi compiuti con modalità inaspettate e con sentenze<br />
sgradite, sarebbe impossibile da capirsi. Le motivazioni che lo<br />
stesso Fozio addusse in seguito per giustificare il suo gesto<br />
contro il papa non poterono convincere realmente nessuno della<br />
sua innocenza. A distanza di secoli è difficile scoprire cosa egli<br />
pensasse realmente del Primato di Pietro, che pure fu da lui<br />
alternativamente venerato, sfruttato e offeso. In qualunque<br />
maniera egli lo concepisse, non si può negare che in alcuni<br />
frangenti della sua vita egli si macchiasse di nicodemismo,<br />
simulando evidentemente le sue vere convinzioni. Se in realtà<br />
Fozio non pretese di destituire il primato in sé di ogni<br />
fondamento, né mai rivendicò per Bisanzio un ruolo sostitutivo,<br />
la sua offensiva contro il papa mostrava che per lui il successore<br />
di Pietro non era il vertice della chiesa. Del resto, opere erudite<br />
indiscutibilmente sue (come la Collectanea sul ministero<br />
episcopale, 22 in cui sono raccolte e ordinate, tra le altre cose,<br />
tutte le incongruenze che l’autore rintracciava nell’esercizio del<br />
Primato da parte dei papi) e altre almeno attribuibigli (come il<br />
Contro coloro che affermano che Roma è la sede primaziale, 23<br />
riconosciuta come foziana da Hergenröther, Dölger e Jugies)<br />
acclarano la fisionomia del patriarca erudito come un dubbioso<br />
indagatore dei fondamenti del primato petrino, da mettersi<br />
evidentemente in forse solo se necessario, ma che di certo non lo<br />
convinceva, se non nell’ambito di una tradizionale concezione<br />
che all’occorrenza lo ammansisse.<br />
22 PG CIV, 1219-1232.<br />
23 RHALLIS G.A.-POTLES M., Syntagma ton theion kai hieron kanonon, Athinai 1852-1859, IV, 409-415.<br />
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Rivista online a cura dell’Associazione Culturale Bisanzio