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<strong>Porphyra</strong> Anno IV, numero IX, Maggio 2007<br />
“L’età macedone: dotti, militari, patriarchi”<br />
Un primo scisma era avvenuto quando il patriarca<br />
Metodio († 847), legato alla corona, per la provvigione canonica<br />
delle sedi episcopali vacanti applicò il principio dell’epichia ai<br />
candidati viziati da alcune irregolarità, preferendoli ai nomi<br />
irreprensibili portati innanzi dagli Studiti. L’opposizione reagì<br />
energicamente, in nome di una netta libertà ecclesiastica<br />
dall’ingerenza secolare e dalle ragioni conciliative della politica.<br />
Metodio pretese, di contrasto, la condanna di ciò che era stato<br />
scritto contro la prassi dell’epichia dai patriarchi Tarasio e<br />
Niceforo e, implicitamente, da S.Teodoro. Lo scisma si aprì e<br />
Metodio anatematizzò gli Studiti, 1 ma la morte gli impedì di<br />
proseguire nell’applicazione coatta della sua Realpolitik – che<br />
peraltro faceva il paio con l’accentramento del potere<br />
ecclesiastico nelle mani del patriarcato.<br />
In questo delicato frangente l’imperatrice madre Teodora,<br />
reggente in nome del figlioletto Michele III (842-867), fece un<br />
passo verso gli Studiti, scavalcando il sinodo elettorale e<br />
imponendo sul proto-trono Ignazio (847-858; 878-886), 2 un<br />
figlio del detronizzato Michele I (811-813), evirato e costretto<br />
alla professione monastica. Questi tuttavia aveva vissuto con<br />
zelo la propria condizione religiosa – sarebbe stato poi<br />
canonizzato - e addirittura ora appariva quale candidato degli<br />
Studiti, ragione per cui fu osteggiato dai seguaci del patriarca<br />
defunto, in particolare dall’arcivescovo di Siracusa Gregorio<br />
Asbesta. Questi, esule dalla Sicilia occupata dagli Arabi, dovette<br />
alla fine accettare la volontà della reggente, senza però<br />
recuperare la fiducia di Ignazio, il quale, dopo averlo<br />
rimproverato in pubblico per l’ostilità mostratagli, non appena<br />
poté lo scomunicò, adducendo a pretesto una consacrazione<br />
irregolare compiuta su mandato di Metodio. Asbesta si appellò<br />
– cosa assai significativa – a papa Leone IV (846-854), la cui<br />
sentenza non ci è però giunta. 3 La fazione del clero imperiale,<br />
ricorrendo al pontefice, peraltro indomito assertore del primato<br />
petrino, mostrava così di non essere pregiudizialmente ostile<br />
all’intervento di Roma nelle faccende orientali, cosa che – in tale<br />
frangente – diveniva scomoda per gli Ignaziani. Ciò favorì un<br />
avvicinamento tra Ignazio e il partito della reggente, legata al<br />
logoteta Teoctisto, il vero uomo forte della rinnovata<br />
amministrazione imperiale. Nel triangolo istituzionale Ignazio-<br />
Teodora-Teoctisto il nuovo gruppo di potere credeva di aver<br />
ingessato la vita politica imperiale per chissà quanto tempo.<br />
Ignazio, personalità eminentemente spirituale, credette<br />
forse di aver semplicemente restaurato la sinfonia tra stato e<br />
chiesa, trascurando del tutto le lotte sotterranee che ancora<br />
perduravano a corte e che naturalmente travalicavano di molto le<br />
questioni ecclesiastiche. Il cesare Barda, fratello di Teodora, in<br />
1 GRUMEL V., Les regestes des Actes du Patriarcat de Constantinople,(= GRUMEL, Reg.), Istanbul 1932-1947, n.<br />
432, 434, 435, 436.<br />
2 Cfr. JANIN R., s.v., in DThC VII, 2, 713-722.<br />
3 GRUMEL V., Le schisme de Gregoire de Syracuse, in “Echos d’Orient” 39 (1941-1942), pp. 257-267.<br />
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Rivista online a cura dell’Associazione Culturale Bisanzio