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Qui - Porphyra

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<strong>Porphyra</strong> Anno IV, numero IX, Maggio 2007<br />

“L’età macedone: dotti, militari, patriarchi”<br />

III<br />

Secondo tono plagale, come Archōn tou kosmou.<br />

Come ritornello: “ Lasciatemi intonare lamenti, voglio gemere il mio amico,<br />

piangere il mio signore, versare fonti di lacrime: questa è la vanità.”<br />

O Città Sovrana, gemi, deponi la tua corona, 384<br />

raduna i cittadini a piangere il tuo signore.<br />

Questa è la vanità.<br />

L’abisso del tuo volere non ci è dato comprendere, o Sole divino,<br />

poiché al sole terreno hai tolto lo splendore.<br />

Te piango, Leone, mio signore.<br />

Creature terrene sono il sovrano e il povero,<br />

nessuno pertanto sfuggirà alla tomba dolente.<br />

Te piango, Leone, mio signore.<br />

Quale rosa fresca di rugiada sbocci dalla porpora,<br />

come viola tra i fiori, come giglio nei giardini.<br />

Te piango, Leone, mio signore.<br />

Perché ti rattristi, o sole? Perché sorgi tenebroso?<br />

Certo perché non vedi Leone, il tuo signore.<br />

Sole nella veste purpurea, astro nel sacro palazzo,<br />

raggio inarrivabile di eloquenza, splendore di grazia.<br />

Le anime tempestose placavi con le tue miti parole;<br />

nobile contegno insegnavi con i tuoi umili costumi.<br />

Seppur mite, conservavi modi da sovrano<br />

e nella tua umiltà mostravi la tua grandezza.<br />

Si ammiri qualunque inno e melodia di lode,<br />

finché non si odano gli inni del mio signore.<br />

Perché, o luna, somigli a una notte oscura?<br />

Certo perché non vedi Leone, il tuo sole.<br />

Simili al mare fluiscono le tue parole,<br />

la lira dei tuoi inni stilla miele. 385<br />

Piangete tutti, piangete il mite imperatore;<br />

anche voi, pietre, piangete colui che fu compassionevole e pacifico.<br />

Come un leone, miravi fisso il Signore<br />

e con il ruggito dei tuoi lamenti sconfiggevi i nemici.<br />

Lacrime miste a perle, mitezza mista ad oro:<br />

a vederlo se ne restava ammirati e, ancor più, sbigottiti.<br />

Perché anche il cielo è privo di stelle per nubi tempestose?<br />

È come se un fiume di lacrime avesse addensato l’etere.<br />

Da un’unione legale e un matrimonio non illecito<br />

la natura allontanò la nascita di un figlio maschio.<br />

O abisso della volontà divina.<br />

384<br />

Sono qui riecheggiate le parole che, secondo il De cerimoniis 2,25 (R 276) Vogt, venivano pronunciate dal<br />

praepositus allorché un imperatore stava per essere sepolto: «VApo,qou to ste,mma avpo. th/j kefalh/j sou» («Deponi la<br />

corona dal tuo capo»). Cfr. LAUXTERMANN, p. 25.<br />

385<br />

Si allude qui, come nei versi precedenti, alla vasta e notevole produzione letteraria di Leone VI, costituita da<br />

numerose omelie e poesie religiose, epigrammi, carmi giambici e due trattati di arte militare (i Problemata e i Taktikà).<br />

L’eloquenza dell’imperatore è evocata con immagini (l’ampiezza del mare, la dolcezza del miele) consuete nella<br />

tradizione letteraria greca già a partire dai poemi omerici.<br />

137<br />

Rivista online a cura dell’Associazione Culturale Bisanzio

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