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<strong>Porphyra</strong> Anno IV, numero IX, Maggio 2007<br />
“L’età macedone: dotti, militari, patriarchi”<br />
riflesso di quella celeste, con l’imperatore circondato dai suoi<br />
guardiani terreni così come l’Onnipotente è circondato dalle<br />
schiere celesti: niente di più entusiasmante per un guerriero<br />
romano e cristiano, difensore della fede, elemento psicologico<br />
di prim’ordine che si inseriva perfettamente nel concetto di<br />
“Guerra Santa” promosso dagli imperatori della dinastia<br />
Macedone.<br />
Lance.<br />
203 PRAEC. MIL. III, 7.<br />
204 LEO DIAC. VI, 11 pp. 107-108.<br />
Le armi offensive descritte per la cavalleria pesante da<br />
Niceforo sono la lunga lancia d’urto (kontos), la spada, la<br />
sciabola o spada di riserva, la mazza da combattimento. 203<br />
A cavallo, ancora secondo la maniera dei catafratti<br />
tardo-romani, la lunga lancia poteva essere usata brandendo<br />
entrambe le mani. Un esempio famoso di questo utilizzo è il<br />
combattimento dello stratopedarca Pietro contro un guerriero<br />
russo, riportato da Leone Diacono: 204 «...infatti, quando i<br />
Russi irruppero in Tracia, poiché Pietro, per quanto fosse<br />
eunuco, si era opposto con le sue truppe, si racconta che il<br />
comandante dei Russi, uomo di enorme corporatura, con una<br />
cotta di maglia lunga fino al malleolo, brandendo un’asta<br />
piuttosto lunga, lanciato il cavallo fra le due schiere, avesse<br />
sfidato a duello chiunque volesse combattere con lui; e che<br />
Pietro, pieno di forza ed ardore guerriero, quale nessuno si<br />
aspettava, spronato energicamente il cavallo, e vibrata con<br />
forza la lancia, la abbia affondata nel petto del Russo; e che il<br />
colpo sia stato così forte, che la punta abbia trapassato il<br />
corpo uscendo dalla schiena, senza che la cotta di maglia<br />
potesse impedirlo, e che l’immane nemico sia scivolato a terra<br />
senza un lamento; che i Russi terrorizzati da questa nuova e<br />
straordinaria impresa si siano dati alla fuga...».<br />
Era usuale tenere la lancia con due mani, per cui nella<br />
mano sinistra venivano inoltre a trovarsi le briglie del cavallo.<br />
Lo svantaggio era che per il cavaliere era difficile portare<br />
anche lo scudo, sebbene la lancia, che poteva essere brandita<br />
da dietro, acquistasse in forza e lunghezza.<br />
Un altro modo di combattere, parimenti usuale, era di<br />
tenere la lancia nella mano destra, tesa verso il basso o<br />
piegata, e nella sinistra briglia e scudo. Un terzo modo diffuso<br />
di combattere con la lancia era quello di tenerla all’altezza<br />
della spalla o della testa con la mano destra, per cui la sinistra<br />
era di nuovo occupata con briglia e scudo. Con la mano così<br />
alzata il cavaliere poteva anche scagliare la lancia. In tutti e tre<br />
i modi menzionati la forza del colpo dipendeva direttamente<br />
dalla forza della mano destra e dall’abilità del rispettivo<br />
cavaliere, aumentati notevolmente dal movimento in avanti<br />
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Rivista online a cura dell’Associazione Culturale Bisanzio