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non è ravvisabile una esplicita exaequatio legislativa. L‟atto in<br />

frode è sanzionato dalla legge in quanto sottinteso dal<br />

signif icato stesso delle parole usate dal Legislatore.<br />

E non può ravvisarsi una exaequatio nella Constitutio<br />

Theodosiana, in primo luogo perchè questa non si occupa<br />

specif icamente <strong>di</strong> frode e sia perché sarebbe assurda una<br />

collocazione dell‟ exaequatio nel V secolo, mentre la dottrina<br />

della frode aveva avuto nei giureconsulti classici la sua più larga<br />

applicazione.<br />

Non è mancato un orientamento che ha tentato <strong>di</strong> rinvenire<br />

nell‟impostazione romanistica una certa autonomia della fraus.<br />

Si sono sviluppate due correnti <strong>di</strong> pensiero. La prima, <strong>di</strong><br />

tipo oggettivo, che attribuisce rilievo al risu ltato pratico che si<br />

intende perseguire, tanto più rilevante laddove la fraus<br />

rappresenta la violazione della sententia legis in antitesi con il<br />

tenore testuale della norma. Per i romani, secondo il principio<br />

della perfetta equiparazione tra negozio in fro de e negozio<br />

contrario alla legge, è in frode alla legge il negozio che ha lo<br />

scopo <strong>di</strong> perseguire un risultato vietato dalla legge stessa. I<br />

giuristi romani non sembra abbiano mai ceduto a tentativi <strong>di</strong><br />

eccessi, avendo avuto sempre ben netta la <strong>di</strong>stinzione tra<br />

“risultato”, quale scopo pratico perseguito dalle parti, e<br />

“contenuto” oggetto della legge, complesso <strong>di</strong> rapporti a cui si<br />

riferisce su cui ricade il comando o la proibizione. Ed invero la<br />

legge può sia elevare il risultato a contenuto, in<strong>di</strong>pendenteme nte<br />

dal mezzo giuri<strong>di</strong>co (<strong>di</strong>retto o in<strong>di</strong>retto) utilizzato per<br />

perseguirlo, ed in tal caso il negozio è contra legem, ma può<br />

anche accadere, ed in tal caso si manifesta la dualità tra<br />

risultato e contenuto, che la legge si limiti a colpire il risultato<br />

perseguito solo con determinati strumenti, dovendo l‟interprete<br />

valutare se la volontà legislativa fosse realmente quella <strong>di</strong><br />

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