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determinabile 112 e deve rispettare la forma prescritta (art. 104<br />

CC). Conseguentemente il Co<strong>di</strong>ce Civile brasiliano colpisce con la<br />

nullità il negozio quando concluso da persona assolutamente<br />

incapace, quando l'oggetto sia illecito, impossibile o<br />

indeterminabile, quando il motivo determinante 113 comune ad<br />

entrambe le parti è illecito. Normalmente il motivo è, co me in<br />

Italia, giuri<strong>di</strong>camente irrilevante, salvo che costituisca ragione<br />

determinante del negozio (art. 140 CCB) integrando, in tal modo<br />

il contenuto negoziale. Pertanto l'illiceità del motivo<br />

determinante, che non va confuso con la causa del negozio<br />

giuri<strong>di</strong>co, comporta l'illiceità del suo oggetto 114 . Il concetto <strong>di</strong><br />

illiceità, secondo la dottrina, non ha riguardo ad aspetti <strong>di</strong> pura<br />

legalità, ma include anche la questione della moralità. Oggetto<br />

illecito è quello contrario non solo al <strong>di</strong>ritto, ma anche al buon<br />

costume 115 .<br />

Inf ine il negozio è nullo quando non riveste la forma<br />

prescritta dalla legge, o quando sia stata omessa una forma<br />

solenne che la legge considera essenziale per la sua vali<strong>di</strong>tà;<br />

quando ha come obiettivo frodare la legge imperativa; quando la<br />

112 Non è necessario che l'oggetto esista, e che sia perfettamente delineato, essendo ad<br />

esempio possibile la compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> cosa futura; ciò che si esige è che l'oggetto sia<br />

identificabile. DE SALVO VENOSA S., op. loc. cit.<br />

113 La norma attribuisce riolevanza giuri<strong>di</strong>ca al motivo determinante, innovando rispetto al<br />

co<strong>di</strong>ce del 1916. E l'espressione utilizzata risulta coerente con la formulazione dell'art.140 che<br />

non menziona la causa, come invece faceva il vecchio co<strong>di</strong>ce, ma il motivo che, se falso, vizia la<br />

<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> volontà quando espresso come ragione determinante. Ovviamente la previsione<br />

dell'art. 166 sul motivo è più grave in quanto l'or<strong>di</strong>namento non permette la produzione <strong>di</strong> alcun<br />

effetto se il motivo comune alle parti è illecito. Secondo DE SALVO VENOSA S., op. loc. cit., non<br />

sempre è facile <strong>di</strong>stinguere l'oggetto illecito dal motivo determinante comune illecito. Ad<br />

esempio: la compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un lupanare ha in sé una finalità illecita. Il finanziamento, noto ad<br />

entrambe le particon la finalità <strong>di</strong> acquisire il lupanare accede al motivo determinante che<br />

renderà il negozio nullo. Se una sola delle parti è a conoscenza della finalità illecita, non<br />

sussiste la nullità del negozio quanto al motivo determinante, perchè ciò che si punisce è il<br />

negozio nella sua integralità. Se uno solo dei contraenti è a conoscenza delle illiceità, non c'è<br />

modo <strong>di</strong> invalidare il negozio, per ragioni <strong>di</strong> certezza del <strong>di</strong>ritto. La conoscenza da parte <strong>di</strong><br />

entrmbi i contraenti del motivo determinante è oggetto <strong>di</strong> prova, non sempre facile.<br />

114 AMARAL F., op. cit., 530.<br />

115 BERNARDES DE MELLO M., Teoria do fato jurí<strong>di</strong>co: plano da validade, Rio de Janeiro,<br />

2000, 79.<br />

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