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colpire solo il negozio realizzato secondo le modalità tipizzate<br />

ovvero se fosse quella <strong>di</strong> fornire una esemplif icazione dei mezzi<br />

attraverso cui il risultato può essere perseguito (non<br />

<strong>di</strong>menticando che, trattandosi in generale <strong>di</strong> leggi proibitive, la<br />

tendenza dovrebbe essere in senso restrittivo).<br />

I giuristi romani, pur riconoscendo i limiti <strong>di</strong> alcune norme<br />

non si sono mai spinti ad integrare le lacune normative con<br />

l‟estensione del principio della fraus legi 22 . La conclusione è<br />

pertanto che il risultato cui la legge mira rileva se effettivamente<br />

si è tradotto in contenuto della legge.<br />

Un secondo orientamento è quello soggettivo per il qual e<br />

elemento rilevante per l‟integrazione della fraus legi è<br />

l‟intenzionalità elusiva insita nella condotta dell‟agente. Con<br />

certezza i giureconsulti classici danno risalto all‟elemento<br />

intenzionale 23 , ma secondo autorevole dottrina 24 l‟esame delle<br />

fonti ed in particolare <strong>di</strong> alcuni passi del Digesto <strong>di</strong>mostra che<br />

l‟esistenza <strong>di</strong> tale elemento intenzionale connotato da valenza <strong>di</strong><br />

antigiuri<strong>di</strong>cità non è elemento necessario e suff iciente a indurre i<br />

giureconsulti a qualif icare il negozio come fraudolento; per<br />

questi ultimi resta decisivo l‟esame del rapporto posto in essere<br />

dalle parti e l‟accertamento della sua contrarietà alla legge,<br />

rilevando, invece, l‟elemento intenzionale semmai per in<strong>di</strong>viduare<br />

gli estremi della violazione in negozi apparentemente leciti.<br />

Secondo tale orientamento l‟intenzione antigiuri<strong>di</strong>ca solo può<br />

avere rilevanza quando sia stato lo stesso legislatore a volerlo,<br />

22 Un esempio <strong>di</strong> quanto si afferma può rinvenirsi nelle leggi repubblicane in materia <strong>di</strong><br />

legati, il cui scopo era quello <strong>di</strong> evitare che, esaurito quasi il patrimonio in legati l‟erede non<br />

avesse più interesse ad a<strong>di</strong>re l‟ere<strong>di</strong>tà. Non era <strong>di</strong> certo funzionale allo scopo il rime<strong>di</strong>o<br />

rinvenuto dalla Lex Furia <strong>di</strong> legati superiori ai mille assi, facilmente elu<strong>di</strong>bile con una molteplicità<br />

<strong>di</strong> piccoli legati. ROTONDI G. osserva come i giuristi romani non si sono mai spinti a qualificare<br />

in frode la condotta <strong>di</strong> chi con più legati <strong>di</strong> valore inferiore eludesse <strong>di</strong> fatto la norma proibitiva,<br />

dovendosi quin<strong>di</strong> attendere la Lex Falci<strong>di</strong>a per rinvenire nuovi criteri per legare più consoni allo<br />

scopo perseguito, op. cit., 137.<br />

23 In tal senso ROTONDI G., op. cit., 149.<br />

24 ROTONDI G., op.cit., 155<br />

23

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