STORIA DI UNA NAZIONE - Ortigia.it

Dovunque si adotta il sistema del maggiorascato (lascito di tutto al primogenito), i
figli minori, possono avere una piccola eredità che alla morte, ritorna al ramo maggiore.
Nel 17° secolo, si calcola che i 4/5 dell’isola sia sotto controllo feudale.
Modica, Terranova e altre importanti baronie, hanno depositi privati di cereali,
possono esportare senza chiedere il permesso a nessuno e a prezzo libero, senza
pagare dazio, (hanno i propri moli di carico delle navi) e questo è sovente fonte di ingenti
guadagni. Quando le carestie impongono un embargo sulle merci da esportare, questi
baroni del grano vendono a prezzi maggiorati di carestia e poi chiedono aiuto al governo
per mantenere in vita i loro contadini che muoiono di fame.-
Essi sono padroni tiranni nei loro feudi; hanno comprato il diritto di amministrare la
giustizia, hanno propri carceri e propria polizia.-
I vari re del 15°-16° secolo riceveranno moltissime petizioni dal parlamento per
estendere questi privilegi a tutta la nobiltà; fortunatamente essi rifiutano decisamente. -
Soltanto nel 1621 il governo sacrifica questo simbolo della sua sovranità, permettendo
l’acquisto dei tribunali da parte dei privati (ha gran bisogno di soldi).-.
Anche gli ecclesiastici, cui la legge in teoria non permette di gestire la giustizia, in
pratica si adeguano come i baroni, e alla fine avranno questo privilegio.
E’ sempre valido il principio che si può ricorrere in appello alla corona, ma chi si può
permettere questo.?
Il barone elegge i giudici, può far uso della tortura e condanna a morte; non c’è
bisogno di prove giudiziarie per questo.-.
Mentre l’aristocrazia dalle altre parti d’Italia, (Genova, Milano ecc) si identifica col
commercio, l’industria, lo sviluppo delle arti e mestieri , la classe dirigente dell’isola invece
lascia tutto lo sviluppo dell’economia agli stranieri.
Il grande di Spagna Oliveras deplora la pigrizia e l’eccessiva prodigalità
dell’aristocrazia e la sua mancanza di spirito civico. I siciliani in genere rifuggono dal
lavoro, considerandolo una cosa vergognosa; quest’atteggiamento contrario parte dalla
classe nobile (rifugge pure dallo studio e dall’istruzione) e man mano che scende nei
gradini delle classi sociali, quest’atteggiamento è imitato fino alla base.-.
Nel 1622 il rapporto di un funzionario, appunto, identifica questo problema come il
più grande; come convincere la nobiltà che non c’è niente di degradante nel curare i propri
interessi, oppure nell’avviare una qualche forma d’attività commerciale o industriale.
Molto importante è la mancanza di qualsiasi esperienza nell’agricoltura, che è la
fonte della loro ricchezza.
Questa nobiltà sdegna qualsiasi ruolo economico attivo; essa è formata da
proprietari terrieri completamente assenteisti, attratti dallo splendore della corte e dalla
vita di città. Essi adottano un atteggiamento snob d’indifferenza e indolenza verso il fare
denaro e preferiscono ipotecare le loro proprietà senza pensare a come porre rimedio al
salasso e al collasso economico che si prospetta.-
Chiunque si chiude a riccio e abbandona il ritmo di lussuria, per arginare il disastro,
è automaticamente boicottato; chi tenta la via di riforme agrarie e d’innovazione delle
colture o dell’irrigazione dei campi, incontra la disapprovazione della casta cui fa parte.
I più si affidano ad una nuova classe di concessionari, chiamati “gabelloti”, che
prendono in affitto le terre dei baroni (gabella) e che hanno interesse solamente a
spremere i terreni e i contadini, senza portare miglioramenti sulle terre non sue, e
soprattutto capaci di intendere come frodare il latifondista, come comandare i contadini,
come far fruttare il tutto.- Questi pagano la gabella in moneta o in percentuale sul raccolto,
e i baroni con questi introiti vivono lo splendore della vita comoda.-.
Il reddito della campagna non torna per la riparazione delle strade o dei ponti, per la
miglioria di dighe, canali che avrebbe in qualche modo ripagato con ben maggiori qualità o
migliore produzione le campagne, no, il reddito va alle città con la costruzione di palazzi,
va speso per comprare il prestigio che si accompagna al diritto di potersi chiamare