STORIA DI UNA NAZIONE - Ortigia.it

Si calcola che le imposte parlamentari, vale a dire la metà dell’onere fiscale, nel
1748 sia sotto l’uno per cento del valore dichiarato dalla proprietà e anche meno rispetto
al suo reale valore.-.
Nel 1754 il parlamento considera un sussidio di 80 mila scudi, alquanto alto, tuttavia
l’arcivescovo di Monreale, quell’anno avrà un reddito personale di 55 mila scudi e (nel
1738) perfino un arcivescovo in pensione, ormai tornato in Spagna, riceve 20 mila scudi.-
Il principe di Valguarnera attorno al 1720 spende 180 mila scudi per la sua villa di
Bagheria. Il principe di Palagonia che prima era fuggito per sottrarsi ai creditori, ne spende
200 mila per la sua villa.- Il marchese della Sambuca spende 250 mila scudi per comprare
parte delle proprietà nazionalizzate dei gesuiti. Un altro feudo dei gesuiti viene comprato
per 92 mila scudi.
A quanto pare da qualche parte c’è denaro, e molto; la tragedia è che esso viene
speso per acquistare prestigio, e non per investimenti produttivi.
Poiché l’orgoglio di famiglia è uno degli stimoli più potenti di questa società, i feudi
continuano ad essere conservati intatti, protetti da regole rigorose; le figlie e i figli cadetti
sono invogliati ad entrare nei conventi o nei monasteri (le monache accettano bambine
già a quattro-cinque anni di età) cosicché la proprietà rimane integra in mano al
primogenito. La vita ecclesiastica ha i suoi privilegi e non significa perdita di rango; hanno
perfino i propri servi anche in convento.- Mettere una figlia in convento costa nel 1768
circa mille scudi, poiché il costume impone che la cerimonia dei voti sia celebrata con
sfarzo.
Sotto sotto il baronato chiede debolmente al viceré di porre un freno a questa
abitudine che sta portando tanti nobili alla soglia della insolvibilità. Altre alternative non c’è
ne sono per un padre che vuole sistemare la figlia, per maritarla bisogna farle la dote,
perché senza dote nessuna ragazza di qualsiasi classe ha speranza di trovare marito.- Le
doti, ovviamente, sono di tale entità (secondo la posizione della famiglia) che sono
considerate alla stessa stregua, come impedimento allo sviluppo di una società più mobile
e liberale, alla stessa stregua diciamo, della primogenitura.-
Quelli che hanno accesso a corte stabiliscono delle regole di comportamento cui
tutti quelli che vengono giù giù nella scala sociale, sono tenuti ad imitare.
Le proprietà devono essere trascurate; qualche rapida visita per riscuotere i canoni
e gli omaggi. I prodotti di lusso e soprattutto i vestiti assorbono quasi tutto il reddito. Il
gioco d’azzardo è la passione dominante. Sono emanate molte leggi contro questa piaga
che sta rovinando molte famiglie. Gli stessi nobili pregano il Re di trovare un rimedio a
questo, dato che loro si sentono incapaci di porre un freno a questa gara suicida.-.
Le doti ai figli e i funerali costituiscono una spirale in cui ciascuno cerca di superare
gli altri e anche la gente comune scimmiotta queste stravaganze.
Per mantenere queste distanze nell’ambiente sociale, diventa tanto dispendioso,
che sempre più spesso si deve ricorrere ai gabelloti per avere un qualche anticipo sul
contratto futuro, al costo del 40 % in meno sul pattuito.,-
Il fermare questa spirale significa uscire dal giro, perdere la faccia, perdere prestigio
e questo vuole dire perdere tutto.-.
Secondo un rapporto del 1714, molti nobili non possono permettersi di dare
un’adeguata istruzione ai figli e talvolta non possono nemmeno permettersi di sposarli.
Attorno al 1700 nasce la moda di costruirsi la villa fuori le mura della città. Il principe
di Butera da il via già nel 1650 con una villa meravigliosa, che diventa subito un altro
segno di distinzione tra la nobiltà più pura e vera, contro gli arrivisti in cerca di titoli. Nel
giro di un secolo circa 200 di queste ville sono iniziate, spesso senza tenere conto dei