STORIA DI UNA NAZIONE - Ortigia.it

si raccolgono soldi per fare la dote alle principesse reali spagnole; si mandano soldi in
Germania, a Vienna, a Milano, al Duca di Mantova per spese militari, ai Savoia per la
fedeltà alla Spagna, alle truppe in Sardegna, a Madrid per reprimere disordini. L’ordine da
Madrid è tassativo: “Vendere quanto di più, quanto si può e non si può”. Sono venduti
titoli, privilegi. Anche molte città reali passano di mano.-
La legge di Alesi che almeno un sesto del latifondo sia coltivato, viene disatteso.
fare una legge è una cosa; applicare una legge è completamente diverso e impossibile.
C’è ancora la legge che obbliga il viceré e tutta la sua corte a dividere il suo tempo a
metà tra Palermo e Messina, soluzione poco pratica, molto dispendiosa e molto
disagevole per gli impiegati dell’amministrazione statale.
La corte lascia Palermo con le navi, per raggiungere Messina e la città sembra
svuotarsi, niente vita di corte, gli aristocratici abbandonano la città e gli affari ne risentono;
lo stesso accade, dopo sei mesi per Messina, quando si torna indietro.-
Il governo nel 1671 paga quasi un milione di scudi per pane sovvenzionato; le spese
sono addebitate all’unica banca della città con perdite rilevanti per chiunque vi abbia
depositato i suoi risparmi.
Sono create le tessere annonarie per il pane; chiunque vuole entrare in città, deve
portarsi il pane con sé, avere un buon motivo per entrare, altrimenti viene respinto alla
porta.
Il pane viene distribuito raffermo per diminuire il consumo; è proibito cucinare dolci;
chi alimenta un cavallo con grano, rischia la scomunica.. Speciali corpi di polizia girano
per le campagne alla ricerca di depositi segreti; le navi che trasportano grano sono armate
perché è successo che città hanno organizzato delle navi corsare che intercettano e
sequestrano il carico (Augusta – Messina). Nobili sono scoperti che contrabbandano cibo
nelle loro carrozze e condannati, Questa è la situazione; adesso andiamo a Messina.-.
Essa si considera quasi una città stato indipendente, con molte concessioni statali e
privilegi. Ha aiutato i viceré a reprimere i moti insurrezionali del 1647 di Palermo e Napoli.
Si considera più legata all’Italia che alla Sicilia, infatti, è più vicina alla Calabria e al suo
dialetto che non a Girgenti. I suoi cittadini posseggono più proprietà in Calabria che in
Sicilia; anche perché muoversi nell’entroterra siciliano non è una cosa agevole; meglio
muoversi per mare, ed è sul mare che la classe dirigente messinese punta. Ha un console
perfino ad Alessandria d’Egitto; le sue esportazioni di seta grezza e manifatturiera in
genere, è molto importante per l’economia isolana.
Molte banche straniere hanno basi in città; c’è perfino una chiesa e un console
inglese.
Messina ha speso somme enormi per affrancarsi dalla dipendenza da Palermo; per
avere l’esclusiva dell’esportazione della seta, per avere diritto, addirittura, ad essere la
capitale dell’isola, adducendo un documento del 270 avanti Cristo.
Litiga con Catania per Santa Agata, con Palermo a proposito di Santa Rosalia;
afferma di possedere una lettera autografa della Madonna scritta di propria mano.. Arriva
a spedire propri ambasciatori a Madrid, a Palermo. Il diritto ad avere il viceré per sei mesi
è stato comprato e ricomprato una dozzina di volte dal re, ha speso milioni di scudi per
costruire il palazzo del governo.
Il guaio è che il viceré preferisce vivere a Palermo.
Verso il 1660 comincia un declino della produzione della seta, in parte dovuto alla
nascita di una concorrenza francese, aiutata dal loro governo, mentre la produzione
messinese è fortemente tassata.
Al solito, la rivolta comincia con una serie di raccolti andati a male, nel 1671. Il pane
è razionato, agli stranieri viene proibito mangiare pane.-
La maggior parte del grano arriva per via mare, sicché città come Milazzo, Augusta
intercettano il carico destinato a loro. La città piazza cannoni a controllo dello stretto e del
porto. Arma cinque navi corsare per intercettare le navi di grano dirette a Napoli.L’unico
risultato sarà il blocco totale del commercio.