STORIA DI UNA NAZIONE - Ortigia.it

A differenza delle altre città d’Europa, le città siciliane non hanno sviluppato un
proprio ceto medio, con una sua coscienza di classe; quella poca che ruota come cultura,
ruota intorno al potere, cioè alla nobiltà. Il gabelloto è di solito un ex contadino che si è
messo in luce per le sue particolari capacità di opprimere il popolo, oppure è un capo di
quelle squadracce di bravi che servono il barone come milizia privata. Un duro, ante
litteram, la cui presenza di certo non migliora le condizioni del popolo, anzi la peggiorano.
Questo personaggio per vivere bene deve angariare il suo sottomesso, per
conquistare la simpatia del padrone, e soddisfare la sua borsa, deve schiavizzare, per
sfogare la sua lunga fame di denaro e autorità, deve criminalizzare il suo suddito. C’è chi
afferma che il gabelloto è un mafioso, anzi la mafia è un’associazione di gabelloti che col
mutuo aiuto assoggettano i contadini e i baroni.
Forse la mafia è nata prima, ma è certo che i gabelloti la prendono sotto la loro
protezione e le danno l’organigramma e i quadri dirigenti. Altrettanto vero che i gabelloti
danno i caratteri alla nascente borghesia siciliana (come i nobili diedero i caratteri
all’aristocrazia) anche se questa comincia a svilupparsi nelle città, perché sono i gabelloti
a dare i primi elementi non nobili di borghesia ricca. Non per niente, essa ostenta lo
stesso attaccamento al privilegio del titolo accademico, del barone che mostra il titolo
nobiliare.
Non per nulla la borghesia da quando ha assunto il potere, lo esercita con gli stessi
criteri corporativi, e per difendere tutto questo, innalza il vessillo del patriottismo siciliano
contro le interferenze dello stato.
Insomma una borghesia che, per vizio d’origine, non ha potuto o saputo svolgere
una funzione economica e culturale come le altre borghesie in Italia.
Gli uomini che essa produce con futilità, ancora adesso si sviluppano e crescono
all’esterno di queste strutture.
Questa è l’isola che sta per ospitare il Re e la sua corte.
“Tutto qui mi ripugna. I preti sono corrotti, la nobiltà è infida, il popolo selvaggio”
questo è il primo giudizio della regina appena sbarcata, dopo un viaggio con terribile mal
di mare
Pur senza conoscerla, aveva sempre detestato l’isola e anche il Palazzo Colli in cui
ha preso alloggio, non è certo il più indicato per fargliela amare.-
Il Re, al solito si organizza le sue battute di caccia; nomina due siciliani suoi ministri
lascia che la politica dissennata della moglie abbia il suo corso (ha rotto il rapporto con la
Spagna per orbitare nell’area austriaca). Ha attirato le ire dei francesi con il dissennato
attacco a Roma, col suo disgraziato esercito e il burattino Mack; con le sue lettere
sprezzanti (è grafomane, scrive a tutti) contro Napoleone (cane corso, lo chiama) si è
messa in prima fila per la vendetta dell’imperatore francese.
I siciliani dal canto loro, accolgono il fuggiasco con un calore che non lascia dubbi
sulla loro indifferenza ai problemi borbonici. Niente patriottismo né devozione alla dinastia
che d’altronde non si è mai curata di loro negli ultimi 40 anni.
C’è solo la contentezza di vedere Palermo capitale con le cerimonie di corte, le feste
e i rituali con cui da sempre le corti si circondano. Altra segreta speranza per i baroni è di
impacchettare il Re alle loro voglie e farne un loro strumento.
Non conoscono il loro Re; Ferdinando suscita parecchie simpatie, tratta tutti con
affabilità, si è trasferito lontano dalla moglie, tutto qui. Le speranze della nobiltà di averlo
alle loro feste sono deluse.
La regina si è fatta subito detestare per la sua arroganza e petulanza. Essa non
nasconde il suo disprezzo per la nobiltà isolana, si circonda d’avventurieri ed adulatori e
sogna i fasti di Napoli. Ha Emma con se, fortunatamente.
Le tresche di queste due donne eserciteranno un nefasto peso sulla politica estera
borbonica e saranno la disgrazia di un popolo tutto.-.