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Relazione finale SSIS Filosofia e Storia - DarioDanti.it

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allora oggetto di riso? e non si direbbe di lui che dalla sua ascesa torna con gli occhi rovinati e<br />

che non vale neppure la pena di tentare di andar su?»]. Qui il tema è della ridiscesa nella<br />

caverna, nella tana, o meglio il rapporto fra il dentro e il fuori, fra la (presunta) libertà del fuori<br />

e la libertà del dentro, ossia la sicurezza acquis<strong>it</strong>a, da cui è difficile prescindere se non si vuole<br />

rimettere in discussione se stessi e le proprie certezze. Eccoci a fare i conti con il sé e con la<br />

propria interior<strong>it</strong>à.<br />

Una volta costru<strong>it</strong>a la tana, il protagonista deve fare i conti con l'eventuale nemico che abbia<br />

intenzione di entrare. Il labirinto che precede l'usc<strong>it</strong>a dovrebbe bastare per la difesa, ma vi è la<br />

consapevolezza che esso rappresenti una realizzazione insufficiente per la protezione. Il<br />

protagonista decide allora di affrontare il labirinto e uscire, per osservare il suo luogo di<br />

protezione dall'esterno, per proteggerlo da fuori anziché proteggersi, restando dentro. Una<br />

volta fuori si domanda perché mai ha lasciato quel luogo per sé sicuro col solo risultato di<br />

addentrarsi in terra straniera. Questa via d'usc<strong>it</strong>a non gli dà affatto la sensazione della libertà. È<br />

pur vero che gli spazi esterni sono più vasti, il cibo è più buono e la caccia dà sicuramente<br />

migliori risultati e soddisfazione, e tuttavia egli non è destinato a quella v<strong>it</strong>a libera. Come scrive<br />

A. M. Iacono il protagonista esce dalla tana «non per trovare la libertà, ma per osservare se<br />

stesso. […] L'uscire dalla tana, piuttosto che un mettersi alle spalle per andare altrove, è un<br />

modo per assicurare al proprio doppio lo sguardo al suo luogo sicuro, a quell'oscuro spazio<br />

chiuso che possiede l'ambigua caratteristica di essere un po' casa un po' prigione e che giusto<br />

per tale ambigu<strong>it</strong>à appare come il s<strong>it</strong>o della sicurezza di cui è fatto il senso d'ident<strong>it</strong>à del<br />

protagonista» 23. Uscire fa paura, ma, allo stesso tempo significa felic<strong>it</strong>à, poiché dall'esterno si<br />

può contemplare il luogo della propria sicurezza. Si può contemplare quel luogo e, al tempo<br />

stesso, proteggerlo dal nemico, un nemico immaginario e immaginato a tal punto che «sembra<br />

quasi che io stesso sia il nemico», come sostiene il protagonista.<br />

Cosa significa uscire? Sicuramente avere un duplice atteggiamento verso la v<strong>it</strong>a: guardare<br />

dall'esterno la tana, oppure mettersela alle spalle. In entrambi i casi si è perturbati e ci si<br />

meraviglia: entrambi sono i momenti «di disorientamento e di insicurezza che permettono di<br />

vedere il mondo, compresi noi stessi, con altri occhi, di cogliere all'interno del proprio contesto<br />

di osservazione, ma come dall'esterno, ciò che è familiare, e che appare ed è vissuto come<br />

23 A. M. Iacono, Autonomia potere minor<strong>it</strong>à. Del sospetto, della paura, della meraviglia, del guardare con altri occhi,<br />

Feltrinelli, Milano 2000, p. 157.<br />

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