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Il rito delle “ntuppa<strong>te</strong>ddi” (come chiocciole chiuse e difese dal proprio<br />
guscio), rimase in voga fino allo scorso secolo, allorquando le donne (signore<br />
e popolane, sposa<strong>te</strong> o nubili), nei giorni 4 e 5 febbraio usavano mascherarsi<br />
con un velo che ricopriva il volto e scendeva fin sul petto, lasciando solo due<br />
fori, <strong>per</strong> non farsi riconoscere ed offrirsi in estrema libertà, ma soltanto <strong>per</strong><br />
quel giorno po<strong>te</strong>vano uscire da sole, mescolarsi alla folla, andare con chi<br />
volevano, cedere alle galan<strong>te</strong>rie degli uomini e ricevere doni.<br />
Questo travestimento faceva riferimento all’antico culto egizio della dea<br />
Iside, ove prendevano par<strong>te</strong> attiva le donne, maschera<strong>te</strong> <strong>per</strong> l’occasione. Nei<br />
vernacoli e varianti lessicali, alle “ntuppa<strong>te</strong>ddi”, seguirono le “amman<strong>te</strong>lla<strong>te</strong>”<br />
del Guas<strong>te</strong>lla e le “imbacucca<strong>te</strong>” di De Roberto, infine si parlò di “scavuzzu”,<br />
cioè manto nero, <strong>per</strong> via del colore.<br />
Prima del <strong>te</strong>rremoto il travestimento delle donne (occhiali) avveniva<br />
con man<strong>te</strong>llo bianco di <strong>te</strong>la lungo fino a mezza gamba, un velo munito di due<br />
finestrelle ed un cappello ornato di gemme, piume ed altri preziosi ornamenti.<br />
Tale travestimento faceva sembrare le donne simili agli uomini.<br />
Ciò sottoponeva al supplizio di Tantalo gli uomini, i quali dalle<br />
finestrelle vedevano saettare sguardi femminili, non riconoscendone il sesso.<br />
La sostanza del travestimento stava tutta <strong>nel</strong> conseguen<strong>te</strong> piacere di<br />
po<strong>te</strong>r andare in giro senza che uomini po<strong>te</strong>ssero accostarsi, senza dover<br />
rendere conto ai mariti od ai padri.<br />
Esse andavano a due a due, <strong>te</strong>nendosi <strong>per</strong> mano riccamen<strong>te</strong> inguantata, in<br />
stuolo di centinaia, sciamando e formando quadriglie al seguito della Patrona.<br />
Verso metà del seicento, quando fu vietato l’uso di occhiali, cominciò<br />
l’uso di un velo nero di taffetà sottile, attaccato da dietro a forma di gonna<br />
che le copriva dalla <strong>te</strong>sta ai piedi, ravvoltolato dietro e sopra la <strong>te</strong>sta, facendo<br />
scorgere una par<strong>te</strong> dei capelli e duran<strong>te</strong> la festa si videro varie specie di manti.<br />
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