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lava e lapilli <strong>per</strong> sessantotto giorni, bruciando mol<strong>te</strong> abitazioni, invadendo il<br />
piano di Cas<strong>te</strong>llo Ursino, riempiendo i fossati, bruciando il pon<strong>te</strong> levatoio,<br />
facendo fuggire il cas<strong>te</strong>llano coi suoi familiari, mentre il barone di Villafranca<br />
chiuse con enormi massi la porta d’accesso al cas<strong>te</strong>llo.<br />
L’apporto dei forestieri fu immenso ed il napoletano principe di Cariati<br />
accorse con 30 uomini e fu accolto trionfalmen<strong>te</strong> dal Senato che gli mostrò le<br />
reliquie di Sant’Agata, facendogli dono di un a<strong>nel</strong>lo che Ella <strong>te</strong>neva al dito.<br />
Il principe ricambiò il nobile gesto offrendo, altresì, un oggetto prezioso in<br />
oro massiccio. Nella sacrestia della Cat<strong>te</strong>drale un affresco, realizzato dieci<br />
anni dopo l’eruzione da chi aveva vissuto l’evento in prima <strong>per</strong>sona, descrive<br />
le scene apocalittiche di quella eruzione.<br />
Quando il magma era giunto a una distanza di trecento metri dal Duomo,<br />
miracolosamen<strong>te</strong> scansò i luoghi in cui Sant’Agata era stata imprigionata,<br />
subito il martirio e poi sepolta, <strong>per</strong> riversarsi in mare, proseguendo <strong>per</strong> oltre<br />
tre chilometri. Sembrò chiara la volontà della santa catanese di salvare i luoghi<br />
che appar<strong>te</strong>nevano alla sua storia e al suo culto.<br />
A quella <strong>te</strong>rribile eruzione è legato anche un altro evento prodigioso: un<br />
affresco, che la raffigurava in carcere, e che si trovava in un’edicola sulle mura<br />
della città, fu trasportato intatto dal fiume di lava <strong>per</strong> centinaia di metri: quel<br />
dipinto si trova sull’altare maggiore della chiesa di Sant’Agata alle Sciare.<br />
Dono di ringraziamento <strong>per</strong> aver salvato la città dalla distruzione totale è la<br />
grande lampada votiva d’argento che si trova al centro della cappella di<br />
Sant’Agata <strong>nel</strong>la cat<strong>te</strong>drale e che Carlo Il di Spagna volle offrire alla Patrona.<br />
Nel 1693 un violento <strong>te</strong>rremoto fece tremare <strong>Catania</strong>, procurando<br />
diciottomila morti: nessuno dei novemila su<strong>per</strong>stiti dopo la catastrofe voleva<br />
più ritornare in città. <strong>Catania</strong> sarebbe diventata una città fantasma se un<br />
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