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Rimanevano attaccati al <strong>te</strong>schio solamen<strong>te</strong> alcuni molari di colore scuro.<br />
Dalla <strong>te</strong>sta vuota d’argento della statua di Sant’Agata, ove era collocata la<br />
reliquia, si notavano vari involti di colore bianco in cui dovevano essere<br />
conservati (come è memoria e tradizione), torace e viscere rinsecchiti, ivi<br />
collocati quando fu realizzato il simulacro. L’Arcivescovo, quindi, ordinò che<br />
il venerabile corpo fosse deposto <strong>nel</strong>la cripta del <strong>te</strong>soro.<br />
Oggi alcuni alti prelati presenti all’epoca della ricognizione at<strong>te</strong>stano che<br />
un in<strong>te</strong>nso soave profumo esalava dalle viscere.<br />
Nel 1965 l’Arcivescovo di <strong>Catania</strong> Bentivoglio, salito su un podio alle<br />
spalle del busto argen<strong>te</strong>o, toglieva la corona dal capo della Vergine, quindi,<br />
tagliati i sigilli, faceva aprire la calotta su<strong>per</strong>iore della <strong>te</strong>sta, da dove poi<br />
estraeva il capo della martire, ormai scheletrito, che veniva delicatamen<strong>te</strong><br />
poggiato su un vassoio, liberato dai veli che lo pro<strong>te</strong>ggevano, sco<strong>per</strong>to e<br />
mostrato alla venerazione dei presenti.<br />
Dopo una at<strong>te</strong>nta esplorazione da par<strong>te</strong> del Prof. Giovanni Nicoletti<br />
(esimio neurologo e primario dell’ospedale Garibaldi), il sacro <strong>te</strong>schio veniva<br />
portato <strong>per</strong> la Cat<strong>te</strong>drale, in modo da farlo osservare da vicino ai presenti.<br />
Prima di riportare la reliquia <strong>nel</strong> busto argen<strong>te</strong>o, il porporato impartiva<br />
la benedizione con la medesima fra le mani, quindi, riposta la <strong>te</strong>sta <strong>nel</strong>la<br />
calotta del busto argen<strong>te</strong>o, venivano apposti i sigilli e messa sul capo la<br />
preziosa corona.<br />
I MIRACOLI<br />
I miracoli che Sant’Agata o<strong>per</strong>ò <strong>per</strong> amore verso la città di <strong>Catania</strong> sono<br />
mol<strong>te</strong>plici, ma, fra i più rappresentativi meritano di essere ricordati:<br />
Quello del 252, allorquando gli abitanti spaventati dall’avanzare del<br />
torren<strong>te</strong> di lava, fecero ricorso al velo che cingeva il sepolcro della Patrona, il<br />
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