14.06.2013 Views

Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Inediti<br />

Gianni<br />

Caccia<br />

92<br />

x<br />

ALASKA RAILROAD<br />

Il mugghio dei motori saliva regolare, il fumo si attorceva in volute più nere contro il cielo che si faceva giorno, un ultimo spasimo come se fosse<br />

per scoppiare e infine la macchina gialla e blu mosse dal binario, districandosi tra la ragnatela degli scambi con il lungo treno di carri che la<br />

seguivano obbedienti, i carrelli tesi ad ogni scarto. Matthew Trotta anelava al tempo di essere fuori dal fumo attaccaticcio dello scalo, fuori dal<br />

grigiore basso dei capannoni, fuori dalla realtà, e prendere la via libera verso le foreste appena tagliate dalla ferrovia, verso le distese dove<br />

l’inverno si posava senza stagione, e poi più su, fino all’orizzonte inviolato dei monti che sagomavano il mattino.<br />

La neve insudiciata dell’uomo giaceva nera, ammonticchiata ai lati dei binari, ma piano piano la realtà si restringeva, si allentavano le maglie e<br />

finalmente Matthew Trotta poteva dare velocità sull’unico, interminabile binario; qualche stazioncina dove la rete si ramificava ancora un poco,<br />

forse doveva sostare per una precedenza, o incrociare qualche convoglio in manovra ma poi la ferrovia sarebbe stata di nuovo sua, fino all’ombra<br />

dei primi alberi che si avvicinavano, fino alle linee dei monti sempre più distinte nell’avanzare del giorno. Il piano di neve ai lati della ferita aperta<br />

dai binari pareva un cristallo sotto i primi, promettenti raggi del sole.<br />

Matthew Trotta godeva del borbottare sicuro dei motori che mangiucchiavano la strada senza premura, con la buona lentezza del treno merci<br />

che aveva eletto a sua vita. Il silenzio cupo degli alberi l’aveva accolto per un bel tratto e già intravedeva un’altra, profonda distesa di neve; un<br />

passaggio a livello con il tintinnio di monito che già lo inseguiva, un binario morto per pochi vagoni dimenticati nella ruggine e poi il candore di altri<br />

campi, altre foreste da trascorrere con la sua buona lentezza prima che fossero di nuovo uomini e merci, intrico di rotaie e neve infetta di<br />

fuliggine; non sapeva ancora, Matthew Trotta, che anche lì l’aspettava, nera come un’ombra dietro l’angolo, la realtà.<br />

Il rapinatore si era trovato la fuga sbarrata da quella maledetta fila di vagoni che procedevano irridenti, a passo di strazio, e solo un’inchiodata<br />

velenosa gli aveva evitato di finirci sotto; le sirene ululavano come cani famelici da qualche parte, tra poco potevano essere lì e quei vagoni non<br />

volevano più finire, vedeva le ruote scattare impercettibilmente in avanti come lancette che segnavano ore di condanna. Uscì di furia dall’auto<br />

lasciando la portiera aperta, alla sua sinistra il locomotore giallo e blu con la scritta cubitale sulla fiancata, poco avanti quel segnale rosso,<br />

irremovibile che sapeva di legge; e scelse.<br />

Matthew Trotta si preparava ad arrestare, appena seccato della fermata, quando la porta sbatté con violenza a fianco a lui e si vide puntata<br />

contro la realtà.<br />

– Non fiatare, quando ti danno il via guida come al solito. E non provare a giocarmi, ne ho già spedito uno all’inferno e ci metti niente a fargli da<br />

compagno.<br />

Le sirene si disperdevano, i cani famelici avevano smarrito le tracce e ululavano invano da qualche altra parte. Poco dopo venne il segnale<br />

verde.<br />

– Parti – ghignò il rapinatore accarezzandogli la faccia con la canna.<br />

Superato l’attimo iniziale di sorpresa, Matthew Trotta aveva recuperato in breve i soliti gesti e ripreso la marcia. Il locomotore sussultò appena<br />

sullo scambio, poi riguadagnò velocità nella pianura di neve che nessun sole avrebbe scaldato, la realtà a pochi centimetri da lui, aguzza come il<br />

freddo vitreo di fuori; i monti lontani incombevano senza conforto, nera la macchia di alberi che si profilava al termine del lungo rettilineo già<br />

leggera salita, dopo un accenno di curva. Dunque anche lì, dove meno l’aspettava poteva irrompere la realtà, mordere, braccare anche chi<br />

cercasse il tempo di esserne fuori; e ora la realtà aveva preso la forma oblunga e pestilente di un ghigno chiostrato di denti gialli e di una pistola<br />

che gli ripassava avidamente la guancia.<br />

– Te la fai sotto, eh?<br />

Spruzzi di saliva bagnavano il volto di Matthew Trotta, che fingeva completa attenzione ai comandi; sentiva su di sé tutto l’alito della realtà,<br />

quella realtà che era piombata a trovarlo proprio dove con buona lentezza aveva creduto di fuggirla, ma continuava a guardare alla via, a quel<br />

nero

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!