Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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OPERA PRIMA<br />
Le rondini<br />
Di Manet<br />
di Anna Elisa<br />
De Gregorio<br />
52<br />
VERSO ANCONA SUD<br />
Puntuali nelle sere precoci di novembre<br />
arrivano gli storni, calligrammi aperti<br />
si avvolgono in ventagli di scritture nere,<br />
semi di preghiere esaudite che entrano<br />
nei nostri giardini di latta incolonnati,<br />
occupano tutto il vetro del cruscotto<br />
verso una periferia sconsacrata.<br />
Rimane salvo il cielo<br />
e gli storni e il loro cantare<br />
che non ha domande, contrappunti<br />
di un volo che porta in sé la direzione.<br />
LE RONDINI DI MANET<br />
Due macchie in contrasto di colore,<br />
nel bianco la ragazza annuvolata<br />
da velature grigie, nel nero schiarito<br />
di antracite l’altra donna. Proprietà<br />
suprema del pennello di assegnare<br />
a ciascuna l’età: la giovinezza è piena<br />
di sé, la vecchiaia un po’ stanca.<br />
La luce che si muove e definisce<br />
profili in veletta, tese abbassate:<br />
è lei la vivace, la bella che vola,<br />
e con lei due rondini minuscole<br />
che planano a terra, segni di croce<br />
aperti fra il verdegiallo del prato<br />
a svegliare il silenzio del mondo,<br />
al di sotto del cielo, oltre la lentezza<br />
d’arcadia delle mucche e i tetti rosa.<br />
Felicità assordante il loro il canto.<br />
Laggiù vicino alle pale di un mulino<br />
quel segnaccio rosso da maestrina<br />
che annulla le nuvole: è un marameo<br />
del pennello stanco di perfezione.