Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Su Imperdonate e Spettacolo e Palcoscenico<br />
[…] (Imperdonate) Per l'esattezza si tratta di "testi poetici-teatrali" con intercalate opere visive di Laura Viliani. In effetti la poesia si presta a<br />
varie dimensioni, persino alla coreografia, poiché la parola riesce a suscitare risonanze non di rado a carattere puramente fonico: in questo<br />
dialogo fra scrittura e arte figurativa si assiste un feeling che trova la ragion d'essere in elementi (il tratto e la versificazione) coincidenti, per<br />
esempio il tartiniano "Trillo del Diavolo" - e qui è ispiratrice la mu(sic)a - scatena un'originale fantasia linguistica.<br />
Luciano Nanni, “Punto di vista”, 2003<br />
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[…] (Imperconate) Un tema abissale avvicinato e insieme messo a distanza da angolazioni caleidoscopiche. Il suo testo mi è parso forte quanto<br />
originale e autentico. […]<br />
Giuseppe Pontiggia, corrispondenza privata<br />
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[…] …la prima parte: "Spettacolo", è interamente filmica.<br />
Le sequenze, come fotogrammi vengono sospinte da un vento tellurico, oscillante. Muovono e sommuovono i vari piani di azione. Le presenze,<br />
al femminile, perdono le connotazione: il tutto legato dal filo violetto del dramma implicito, catenella che porta in sé il respiro della<br />
speculazione. "Invento nel Teatro verità“.<br />
[…] …nel testo "Palcoscenico", il Teatro assume il viaggio come percorso mentale, introspettivo. Il monologo è un canto che a sua volta è<br />
richiamo e intima verità. Il dramma descritto diviene elemento purificatore, oggetto della Passio.<br />
[…] L'eroe combatte, l'eroe donna scava con la forza della sua fede nella vita e nella morte un pozzo profondissimo da cui sgorgherà l'acqua<br />
della rigenerazione<br />
Maria Pia Moschini, dalla postfazione a Spettacolo e Palcoscenico<br />
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La vita che dà spettacolo di sé, nell’apprendere le costanti del quotidiano “diverso” e sempre uguale della liturgia preparatoria, dal testo, alla<br />
scena, alla regia, ai costumi e via dicendo, misura la scelta, procede per sezioni, per personaggi, per scansioni di scena “endecasillabica”, nel<br />
finale tra “cronaca di una storia vera” e l’utopia del sogno e il suo possibile (infinito se si accoglie la tesi di Musil). Ogni azione genera sequenze<br />
e analogie, conseguenziali ipotesi che la vita spettacolarizza e lo spettacolo rivitalizza. Liliana Ugolini licenzia alle stampe prima che alla ribalta i<br />
suoi versi teatrali quasi che “americane e cantinelle” diventano le linee guida della scrittura su tavola, in un crescendo a suo dire asettico nella<br />
regia di pagina per aprirsi alle invenzioni ricreative della regia in scena. La poesia che si fa teatro, non solo come teatro di poesia ma come<br />
parola drammaturgica di alta levatura, di profilo lirico, di meta scrittura in un contesto che sulla lezione di Carmelo Bene, abbia bandita la<br />
rappresentazione e giochi a mettere fuori scena la poesia-spettacolo, evidenzia e nasconde l’autore, coinvolto nella operazione dinamica<br />
dell’intera azione e si prepari alla seconda parte, su quel “palcoscenico” che ne accolga la lettura e l’evento nel corpo dell’attore (come sostiene<br />
giustamente Sanguineti). Qui i personaggi orchestrati drammaturgicamente tra mito e letteratura, nel dominio della ribalta si incontrano, quali<br />
prototiti universali di misteri legati alla vita ed assurgono ad emblema… […]<br />
Giovanni Amodio, “Arte Cultura”, settembre 2004<br />
Liliana<br />
Ugolini<br />
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