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Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

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Da Delle marionette, dei Burattini e del Burattinaio. Rilettura fantastica del Teatrino, 2007<br />

Liliana<br />

Ugolini<br />

181<br />

XVII<br />

Marionette, burattini e lo stupore<br />

Nella bella stagione, di notte, capita alle Marionette e ai<br />

Burattini di alzare gli occhi al cielo e l’organismo stellare<br />

appare loro in tutta la sua immensità e bellezza. Così ad<br />

occhio nudo sanno che vedono pochissimi mondi in<br />

confronto a quelli che potrebbero vedere col telescopio o<br />

da una sonda spaziale. Sono ugualmente così fitti che la via<br />

lattea sembra un velo. Luccicano i mondi di luce propria e<br />

luce riflessa e le marionette e i burattini sono incantati. E<br />

vedono gli occhi, il naso e la bocca della luna o i suoi crateri,<br />

s’immaginano l’orma del loro piede e la possibilità di<br />

trasloco, vedono la luce e il nero trasparente e sanno di un<br />

universo parallelo o di tanti altri. Immaginano gli astronauti<br />

e gli argonauti percependo l’immenso. Batte loro il cuore<br />

che pulsa scandendo il flusso del sangue allo stesso ritmo<br />

del bagliore d’una stella. Le marionette e i burattini stanno<br />

muti e il loro pensiero corre alla loro misura e anche alla<br />

possibilità di pensare gli spazi e anche ad una lucciola che lì<br />

non c’è più. Stupefacente è il silenzio lontano della città<br />

illuminata. Le proporzioni dei mille e più universi non si può<br />

misurare ma anche loro sanno di essere uno dei tanti<br />

universi uguali nel caso d’un insondabile perché. Finalmente<br />

si sentono grandi e piccini e la gioia di essere in quel<br />

momento è l’abbraccio della mano con il filo che cuce il<br />

sogno del Burattinaio troppo grande per loro e<br />

comprendono che per questo nessuna marionetta potrà<br />

essere altro che quella, in questa percezione. Questa le fa<br />

grandi tanto da dare loro la possibilità di sondare<br />

quell’universo, di rallentare il tempo e di scoprire ancora e<br />

ancora il gioco giocato dentro di loro, in espansione.<br />

Vi godo impenetrabile distanza<br />

e quasi tocco lo spicco del mio volo.<br />

Il vuoto mi trattiene ora che perdo coscienza di volare<br />

come falla o molla di certezze.<br />

Eppure so la fede tangibile marea<br />

del mio im-possibile.<br />

La bellezza è dell’altro salire di me<br />

e vedermi più piccolo centro d’un vasto.<br />

Scorrendo da groppi di pianto (candori candori)<br />

vedere gli errori. In petali stupori di vita e di morte<br />

bellezza complessa. Cannoni schiodati<br />

in un foglio di storie volato in canzoni canzoni<br />

e nel rosso di rosa.<br />

La marionetta è il corsivo di me<br />

fra righe, in luoghi.<br />

Il mio sogno ha un’altra storia.

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