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Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

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Su Marionetteemiti<br />

La “Poesia scenica” di Liliana Ugolini<br />

È nel Teatro, nella crepitante sonorità della voce e nell’intreccio psicofisico dei gesti, che meglio s’esprime la trama lessicale di un libro come<br />

Marionetteemiti. Il Neologismo, significante fortemente impressivo, mutua nel suono e il cenno interagisce con la parola: in un concorde gioco di analogie<br />

dove il ritmo intona l’immagine e la parola evoca le segrete realtà del mito. Ogni tema muove da un’idea di “scena” dominata dalla ricerca di espressioni<br />

inedite, di percezioni e suggestioni tradotte in pure, sorprendenti epifanie. Aperto spazio teatrale, il testo, pluriespressivo e multicolore quanto i costumi,<br />

le posture, i soprassalti emotivi – modulatissimi – degli attori che lo interpretano, assume un plastico valore d’uso ai fini della sperimentazione d’una<br />

pecularie “poesia scenica”.<br />

Come il sonno della ragione genera paranoici mostri (cfr. Goya, un referente immediato della massa scenografia suggerita dalla scrittura di Liliana Ugolni),<br />

“l’anima burattina” – quella governata dal “supremo manipolatore, detto in sanscritto “ Colui che regge tutti i fili” (cfr. Ceronetti), il Grande Marionettista<br />

occultatore dei propri fili … e fini – produce i cangianti travestimenti dell’Io: le plurime identità d’una marionetta metamorfica che è tante cose per gli altri<br />

e per sé stessa è niente. È una prodigiosa recita di creature emblematiche rivitalizzante da un’alacre mitografia, di cerimonie arcane, di aure umbratili, di<br />

gerghi astratti e combinatorie foniche, quella messa in versi dalla Ugolini. L’affollano rapinosamente un’imparruccato Gianduia, maschera piemontese<br />

creata nel 1808 dal burattinaio Sales, e il bislacco, avvinazzato Sandrone, rivoluzionario contadino da opera buffa, la figuretta della commedia italiana<br />

dell’arte Colombina, garrula e loica, e il pervasivo intrigante Brighella, il trasformistico Arlecchino e l’ingualdrappato Cavaliere Nero, figli della Tristezza<br />

saturnina. Compaiono Saffo sublime indolenza, una Top model come una Baccante “deificata” statue – idoli stagliate in metafisiche penombre, un Edipo<br />

madido di dolore e Didone, l’appassionata regina di Tiro morta d’amore per Enea. Non mancano la danzante, languida Salomè che pretese da Erode<br />

Antipa la testa di Giovanni il Battista, Il biancovestito Pulcinella, gobbo, col naso a becco e mascherato, ciarliero e molesto; la maschera veneziana di<br />

Pantalone in zimarra nera, il Paladino in tunica ferrigna e i Capitani – guerrieri Sputaferro, Escabombardon, Fracassa, Matamoros, Rodomonte. Coi pupazzi<br />

di una truce Opera dei burattini, un mendicante timido e schivo, un clown patetico e gentile e alfine la Morte secca, schioccante con tutto il proprio<br />

scheletro sacrificale. […] Malinconia delle magiche, guizzanti marionette, dei ricordi evanescenti, della nostalgia di poveri teatrini parodianti lo scibile<br />

mitico del classicismo antico … In questo spazio virtuale e atemporale che ricorda il ceronettiano “Teatro dei Sensibili”, presso cui la sensibilità è<br />

prerogativa esclusiva delle marionette “ideofore”, dialogano Filemone e la sua sposa Bauci: parlano della povertà e della loro modesta casa trasformata in<br />

tempio dagli Dei, loro che seppero offrire il piu dolce degli asili al sommo Zeus e a suo figlio Ermete, guida dei morti nell’Ade e protettore dei mariuoli. È<br />

invece sola, fervidamente votata a parlare con una Verità che è Silenzio, la figlia di Priamo e di Ecuba, Cassandra. La profezia è il suo dono maledetto,<br />

datole da Apollo innamorato. Cassandra non accettò le profferte del dio e questi si vendicò decretando che nessuno avrebbe creduto alle parole della<br />

donna, poi violentata da Aiace nel tempio di Atena, data quale bottino di guerra ad Agamennone e infine, giunta in Grecia, uccisa da Clittennestra.<br />

Marionetta di un dio deluso è Cassandra, conoscitrice di tutte le congiure e veleni d’ogni sorta: Cassandra che dice sempre la verità, qualcosa che,<br />

similmente alla libertà, tutti nominano e nessuno vuole veramente. Irrisa da nemmeno l’ascolta, grida non udita e poi si consegna al divino silenzio che,<br />

mentre parla “oltre ogni dire” asseconda beffardo i movimenti di noi tutti dispersi sul palcoscenico del mondo: noi che “siamo marionette, ma dobbiamo,<br />

disperatamente fingere di non esserlo o come uomini siamo perduti” (cfr. Ceronetti).<br />

Flessibile scrittura di scena in versi per un teatro di poesia “fatto in casa” o girovagante per strada – quel “teatro portatile” che, secondo Artaud, è il<br />

teatro libero, scevro d’ogni condizionamento istituzionale -, Marionetteemiti opera di trasformazione alchemica della parola in voce, si fa umile copione<br />

nella versatile recitazione degli attori Rosanna Gentili e Gianni Marrani prima di elevarsi a vero e proprio poemetto sulla condizione umana.<br />

Ne consegue, a mo’ di suggello iconografico, un’ideale scenografia, ben rappresentata dalla pittrice Giovanna Ugolini, in otto pannelli collages. Ambigui<br />

coboldi, angeli sofferenti, un Einstein sberleffante, polsi sbracciatati e mani e dita di odalisca prestidigitatrici, stemmi e fregi enucleati dai loro contesti<br />

originari, ritagli di stampa incartapecoriti e cartigli con corsivi antiquariati, icone spaesate oppure spezzoni della natura violata; con visi umani trepidi,<br />

assorti o terrifici …: ecco una mimesi dell’universale entropia che tutti ci aduggia, della confusione dei linguaggi, del “vuoto a perdere” connotante una<br />

realtà disgregata e ridotta “spazzatura della storia”.<br />

Stefano Lanuzza, dalla prefazione a Marionetteemiti<br />

Liliana<br />

Ugolini<br />

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