Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

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Da La dissipazione del talento – I colli marchigiani, 1985 Martino confessione e dolcezza Vivere nel mondo queste differenze, i programmi che urgono al di qua al di là dei soggetti, censire i momenti inventare premonizioni, tentare l’ordinazione delle malizie liberando la via a spiragli d’errore storie fraintese s’intrecciano ai racconti, alla presunzione di narrare le cose dette dall’uomo i suoi gesti consumati dimenticati a margine d’un’ossessione antica oltre e dentro questa vita c’è … la messa in scena lo scoppiettare del fuoco l’umana rissa di passioni il tema della complicazione la discendenza l’empietà l’evocazione che non vale il sacro d’una parola. Vivere nel mondo ogni condizione e col rifiuto di lasciarsi morire. Il padre Continua a tessere l’inevitabile perimetro del confine, il periodo delle silenziose assenze e dei ritorni attesi. A domandarsi, nel bozzolo di un sistema di eventi, come si concilia, nell’altrove, la parola dei pudori con le storie consegnate alla tessitura discreta sulle vele dei viaggi. S’è portato con sé quel modo di toccare gli oggetti molledolce che nasceva dall’aver riconosciuto da uomo la crudeltà del tempo delle scelte. Ora l’anima s’è arrampicata con i consueti passi delle ascese di una volta fin sul ramo più debole e sottile dell’albero delle solitudini. E noi che diremo - racchiudendola in un pugno - della vita? dei discorsi sbiancati dal freddo della luna? che, nell’immane tristezza delle veglie? Sapere quanto e come e perché getta angoscia (l’ombra sulla faccia) l’inascoltato richiamo d’una tentazione ultrapresente. E si comincia dal tutto lacerato: i ricordi sono capelli bianchi e minuscole memorie corrotte le mosche morte in fila lungo i colori dei fiori e lungo i muri. Nota al testo (in L’utopia reale, 1994) Riflessione su Heidegger sul tema dell’essere nel mondo. La poesia è dedicata da Mancino a Paolo Filiasi Carcano e a Felice Balbo. Leonardo Mancino 19
Da Dichiarazioni silenzio e giorni, 1987 Variando autonome riproduzioni Praticando in parole e versi torna inevitabile stabilire pratiche distanze dal mondo delle gamme, delle dimensioni. Allora però le relazioni anziché farsi labili ed insicure si moltiplicano complesse e variabili riproducendo nei tessuti l’infinito accogliere incessante nella passione ogni senso della vita ogni precaria riconciliazione in termini, in fatti. Del modo di morire del poeta Davanti al portico della vecchia casa sostammo: con noi il nostro fantasma e gli artefatti sommari desideri di viaggi terrestri, di accordi. La morte dei poeti è come sussurro di addii, i versi come stelle come appassionati suoni di cembali dicono. Il volto si rifrange nelle pupille altrui, ancora calde le parole le allegrie e fresco l’inchiostro, appena sgusciati dall’idea i versi caratteri e parole. The dreamer sleeps forever with the dreamed (Il sognatore dorme sempre col sognato) una zattera solca scivolando il fiume nel sangue dei ricordi. Leonardo Mancino 20
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