Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Su Gioco d’ombre sul sipario<br />
Il processo creativo di Liliana Ugolini si sviluppa propriamente, in questo Gioco d’ombre sul Sipario (ma anche in tutta la sua produzione), fra<br />
parola, spazio, interiore gestualità, in questa uscita dall’angolo per farsi Artefice-regista di una rappresentazione della parte nascosta (ombrosa)<br />
della vita, propria e nostra, vaticinante in particolare in quell’incipit poeticamente folgorante:<br />
“Fugace notte pulsa di bagliori nell’apparente immenso dello sguardo<br />
che abbraccia la galassia”<br />
in cui, con sicurezza profetica, apparente è ciò che appare, e non ciò che può sembrare. L’intera rappresentazione non è attraversata dal<br />
dubbio, bensì vive nella naturale certezza delle cose, ancorché non conosciute. Perché la poesia non è ciò che può, forse, apparire bensì ciò che<br />
è.<br />
Ma ancora il Mimo s’appresta a rivelare quel germe della sua casa (da una solitudine a una scoperta spaziale):<br />
“La casa dove bacio la soglia<br />
mi riconosce amica di presenze…”<br />
D’altro canto lo stesso processo è esplicitamente dichiarato nella memoria della propria epifania, in cui l’autrice, o il Mimo (per grazia del Dio?<br />
della Poesia?), ritrova se stessa (che cosa mi spinge alla soglia dell’essere me), e la propria voce nell’indicibile:<br />
“Memoria e tempo formarono la scena<br />
dove imparo la parte mai imparata.<br />
Sgambetto dal mio filo e il palco si fa scuro.<br />
Di parole ho mente e bocca piena<br />
e non mi serviranno per capire.<br />
L’inchino è riservato a quel Supremo<br />
che il sipario m’apri per la Commedia.”<br />
Ed ecco che si rivelano all’annuncio (“quando tutti i Personaggi si alzarono in piedi”) la nascita e la morte, l’aria e gli abissi, i tempi della vita e<br />
della musica e dell’eterno, la partenza dalla casa e il ritorno, la bufera mugghiante e le acque prolifiche, le colpe e le paure, la luce negli occhi<br />
dell’innocenza, i misteriosi aromi del bosco, terre e cieli, i profetici numeri cabalistici, l’immobilità dei silenzi e i corpi flessibili, le germinazioni e<br />
le geologie, i colori, gli accordi, le splendide universali creature… […]<br />
Quel tutto, biologico e cosmologico, che è colto dalla parola e dal silenzio.<br />
Ma non si tratta di generiche, indistinte dismisure, poiché, in questa rappresentazione la natura stessa e ogni personaggio in essa hanno la loro<br />
storia, ogni evento ha la sua particolare apparenza, visibilità, scandita di verso in verso, ora da un flusso di parola, ora da una proposizione di<br />
pause fra gli asintattismi, ora da una individuale e collettiva, progressiva, presa di coscienza. […]<br />
Gio Ferri, dalla postfazione a Gioco d’ombre sul sipario<br />
Liliana<br />
Ugolini<br />
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