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Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

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Da La Vallemme dentro, 2000<br />

Gianni<br />

Caccia<br />

62<br />

x<br />

del tonno di fiume o degli altri animali che le facevano corona; granelli scivolati giù per la china del tempo, mentre il Lemme restava, a<br />

rosicchiare con calma vorace il suo letto. Nominò il fagiano muschiato e il furetto glabro, e anch’essi rivivevano assieme alla santa quando<br />

Mastro Genio si estraniava da lui e dalla stanza e il suo volto si incendiava per spandersi su tutta la valle, raccogliendo parole vecchissime<br />

che l’acqua e le pietre gli avevano tramandato. E Francesco, assorto dal canto, correva la discesa di Pallino verso l’alveo del torrente,<br />

sentiva nella strozza il respiro ansante del nobile che vedeva davanti a sé l’orda dei passi e delle grida assassine, si acquietava al suo ristare<br />

su un masso, di sbalzo sopra il rivo, confortato dalla piccola corrente che gorgheggiava nell’ombra, si univa alle suppliche del fuggitivo, in<br />

ginocchio verso l’azzurro luminoso del cielo che lentamente si spegneva nel crepuscolo, un velo di lacrime ritrovate sugli occhi. Pallino<br />

implorava la santa di concedergli salva la vita, ma anche di ridargli la virtù, così necessaria per la nobiltà nel corpo e nell’animo, la cui<br />

mancanza era stata la causa di tutti i suoi mali.<br />

La preghiera fu tanto ingenua che accadde il miracolo: su una roccia di rimpetto a lui, appena poco più in alto, apparve Santa Monalda.<br />

Prima fu un biancore nell’aria, poi si rivelò la molle cascata dei capelli biondi sulle spalle nude e sul petto rigoglioso, le braccia e le gambe<br />

come panna lasciate scoperte da un succinto abito bianco, stretto in vita da un balteo d’oro, il sorriso immacolato che si irradiava nella gola<br />

fugando la sera. Con gli occhi ardenti di lacrime feconde Pallino la implorò di nuovo, e già sentiva il suo corpo pizzicare di vita. Santa<br />

Monalda lo esaudì: con un gesto grazioso della mano gli indicò una pozza poco più a monte, formata da una cascatella che suonava di<br />

mirifica limpidezza e costretta su tre lati dalle pareti di roccia, sì da rassomigliare a una conca; altri, soggiunse il vecchio, raccontavano che<br />

la santa fece scaturire la pozza sull’istante con il suo sorriso, dalla roccia sotto i suoi piedi. Pieno di fervore Pallino si spogliò e vi si immerse,<br />

mentre in un alone latteo la santa scompariva così com’era venuta. L'acqua gli diede subito un nuovo vigore, che tiepidamente scorreva per<br />

le membra infondendovi una tensione da lungo non provata; pieno di forze si alzò dalla polla, si rivestì e con passo sicuro imprese la via del<br />

ritorno, fidando nell’aiuto di Santa Monalda. Il miracolo chiesto era stato dato e Pallino l’aveva scoperto, appena emerso dalla fonte, sul<br />

suo corpo madido d’acqua e di energia; non restava che testimoniarlo al popolo, per ribadire a chi spettava il comando.<br />

Come riuscì a rientrare nel suo feudo, solo e disarmato, Mastro Genio non disse: enumerò gli effetti del suo ritorno, che furono<br />

devastanti. Le bocche, annali d’allora, riferivano di un torrente secco e infido ingrossatosi per le piogge improvvise, che rovina a valle<br />

travolgendo ogni cosa e l’impeto dell’acqua non resta, ma sembra trovare alimento dalla stessa distruzione che apporta. Naturalmente non<br />

limitò il proprio diritto alle giovani spose destinate a sciogliere il cinto, ma pulzelle e maritate indistintamente lo sperimentarono, né alcuna<br />

si lamentò; corse anche fama che Pallino, nel placare il suo ardimento, volle persino fare vendetta dell’affronto subito punendo alcuni<br />

villani nella stessa maniera che adoperò con le loro donne. Notti e giorni passarono prima che la furia pugnace del Marchese trovasse<br />

requie; e intanto il popolo, chi lo direbbe?, lo stesso popolo che non capacitandosi della vacanza di un diritto secolare l’aveva dileggiato,<br />

tratto nella polvere e costretto alla fuga, ora esaltava il tiranno ritrovato, si adunava nelle strade e nelle piazze inneggiando al miracolo e<br />

all’ariete che viola la più casta fortezza, lo proclamava l’unico signore, il vero figlio del prode Pier Ugo, degno in tutto della stirpe degli avi.<br />

[…]

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