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Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

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Un verso è una vasca e altri appunti sulla poesia<br />

Franca<br />

Mancinelli<br />

144<br />

Non si sovverte la tradizione in un attimo, in un sussulto di immaginazione eccedente. Se mai nascerà un<br />

nuovo stile, o una variante all’interno di quello codificato, sarà per un progressivo e lento distacco dai<br />

movimenti precedenti, attraverso prove calibrate, minime infrazioni accolte.<br />

Lo stile libero non esiste, non si è mai liberi se si vuole nuotare.<br />

*<br />

Le uova ci sono e l’oca le cova. Forse è passato un mese, forse tre. Un vecchio che viene a potare la siepe dice<br />

che il tempo della cova è terminato, che là sotto, se c’è qualcosa, è tutto morto, e che se non si tolgono le<br />

uova l’oca continuerà ad avvolgerle nel ventre, fino a perdere le forze e ad ammalarsi. Il vecchio allora si china<br />

sul nido, prende le uova una ad una, le avvicina all’orecchio e le scuote. Quelle che fanno un rumore sordo le<br />

spacca contro una pietra. Sulle zolle si apre un liquido rosso e marrone, gelatinoso e maleodorante. La<br />

maggior parte delle uova viene aperta, poche vengono rimesse nel nido. Assistiamo a questo rito consapevoli<br />

che una minima imperizia decide la vita.<br />

Anche nello scrivere c’è un tempo oltre il quale ogni più premurosa costanza e dedizione non valgono a nulla:<br />

da quel testo non nascerà una poesia. Un lettore attento e con esperienza può aiutarci a riconoscere quale<br />

testo può avere ancora speranze. Forse con il tempo impareremo a distinguere da soli il suono della fissità e<br />

quello da cui può nascere la vita. Ma facilmente chi ha fatto le uova è portato ad aspettare oltre ogni limite, a<br />

riversare nella possibilità tutto se stesso. Certe cose invece non dipendono neanche del tutto da noi. A volte<br />

bisogna semplicemente alzarsi dal foglio, abbandonare il nido, e continuare a muovere passi nell’erba.<br />

*<br />

Senza una minimo di amore per se stessi non si parla, né tantomeno si scrive. Posso dirlo perché ho<br />

combattuto contro la mia statua di pietra, le ho lanciato calci e pugni. Forse, nella furia, l’ho appena scalfita.<br />

Poi dev’essere accaduto che ho smesso di fissarla con gli occhi bianchi, ho smesso l’ostinazione. E lei si deve<br />

essere lentamente ammorbidita, fino a riprendere consistenza umana.<br />

*<br />

Contro noi stessi si può fare molto. Io ho desiderato e immaginato molto. Ma non avevo armi: la lametta<br />

scivolava sul polso come burro e la linea gialla non si faceva oltrepassare. Contro di me ho fallito, non ho

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