Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Da Il mare a destra, 2004<br />
Massimo<br />
Gezzi<br />
103<br />
Da V - Scendere e cercare<br />
Cannone era il vecchio<br />
pescatore del Lido: aveva il dente d’oro<br />
e le rughe attorno agli occhi, che di sera mandavano<br />
lampi di chiaro – Cannone partiva<br />
ogni santa mattina, con la barca di legno<br />
e il motore venticinque – tornava soltanto<br />
col retino strapieno, mentre noi<br />
stentavamo a tirare due pesci.<br />
Morì in mezzo al mare, stroncato<br />
da un infarto. Lo trovarono appeso<br />
al fianco della barca, una mano<br />
aggrappata allo scalmo del remo<br />
ed il resto del corpo già teso, nell’acqua.<br />
Dicono che non c’erano ombre<br />
di sorriso sul suo volto. Infatti nel retino<br />
non trovarono pesci.<br />
Un attimo di calma: lasciare<br />
che la ventola del computer<br />
sospiri il suo rantolo nel vuoto<br />
della stanza – uscirsene fuori,<br />
guardare il vicino che spala<br />
la neve, sentire<br />
il rumore metallico del ferro<br />
sul cemento. Due passeri in volo<br />
confondono l’aria.<br />
Io penso: se non ci fosse gravità<br />
sarebbe tutto tormenta.<br />
Il sedile della macchina apprende<br />
il profilo della schiena –<br />
sul tasto alzacristalli si compone<br />
una nuova ragnatela di impronte digitali.<br />
Da qualche tempo anche il mio corpo<br />
si diverte a somigliarti: porto la tua musica<br />
di respiri nel sonno insieme a me,<br />
il calore del tuo palmo contratto che si schiude<br />
come un fiore, mentre tu ti addormenti.<br />
A Daniela